Chiara trova il soggetto perfetto per il suo racconto
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Chiara non sentiva nulla, non percepiva niente, se non il suo cuore battere come una grancassa nelle orecchie con una forza tale da farle credere che i suoi timpani dovessero saltarle via come il tappo di una bottiglia di champagne durante una festa, un forte disagio all’altezza del suo inguine che si irradiava nell’intestino fino a riverberare nella sua mente, ma soprattutto le labbra di suo fratello contro le sue, la lingua di Marco nella sua bocca, un’anticipazione di quanto sarebbe presto accaduto anche più in basso.
La ragazza, quasi senza accorgersene, abbassò le mani fino al sedere del fratello, afferrandogli le chiappe sode, cosa che aveva voluto fare da anni. Per sua sfortuna, tutta la sua attenzione era rivolta alla sensazione del bacio per apprezzare minimamente il piacere dello stringere i glutei marmorei di Marco.
Quasi non volle lasciare che il fratello staccasse le labbra dalle sue, seguendo la sua testa con la propria quando lui si allontanò; la differenza di altezza, però, non giocò a suo favore. Si passò la lingua sulle proprie, come a gustare ancora il sapore di Marco.
Lui le sorrise, fissandola con un’intensità che a lei parve si stesse perdendo nei suoi occhi. «Non sapevo che la mia sorellina fosse tanto brava a succhiare» le disse, accarezzandole una guancia con un dito, «se l’avessi saputo prima…»
Chiara sentì i suoi polmoni riempirsi di aria a quelle parole, gonfiandosi letteralmente di orgoglio. Si rese conto che se chiunque altro le avesse fatto notare di essere un’ottima pompinara l’avrebbe preso a sberle, ma sentirselo dire da suo fratello… Cazzo, sì: avrebbe dovuto metterselo in bocca anche prima…
Avrebbe voluto rispondere qualcosa, ma la sua mente pareva fosse stata svuotata dopo quel bacio, come se non avesse avuto più alcuna volontà. No, anzi: un desiderio colmava la sua anima che sembrava avesse preso il posto di ogni altro.
«Leccamela, Marco, ti prego…» sussurrò con una voce tanto bassa che nemmeno lei sarebbe stata sicura di aver sentito le proprie parole.
Una mano di Marco si appoggiò sui suoi pantaloncini, accarezzandola. Sul volto di suo fratello non vide la libido tipico di chi palpa un sesso femminile, ma la soddisfazione di chi può finalmente raggiungere un obiettivo che da tempo si era fissato. Lei sentiva le mutandine bagnate dall’eccitazione che suo fratello le aveva provocato, che sempre le provocava, anche come maschio muscoloso. Adorava stringerlo e godersi il senso di desiderio che nasceva dentro di sé, sfogandolo poi con un dito in bagno o in camera propria.
In quel momento, però, sarebbe stato proprio il soggetto dei suoi sogni bagnati a soddisfarla, e la consapevolezza fece emergere un sorriso sulle labbra della ragazza.
Marco avvicinò la bocca all’orecchio della ragazza, sussurrando: «Voglio proprio scoprire che sapore ha la mia sorellina in mezzo alle gambe».
Un capogiro colse Chiara, che si lasciò cadere sul divano alle sue spalle. Chiuse gli occhi un instante, poi si alzò il sedere, abbassandosi gli short. Solo in seguito, con la mente meno obnubilata dal desiderio sessuale, si sarebbe resa conto di esserseli sfilati come se avessero preso fuoco o fossero stati invasi dalle formiche rosse.
Il fratello la guardò divertita. «Aspetta, Chiara. Volevo spogliarti io».
Lei nemmeno rispose. Dopo essersi abbassata i pantaloncini e aver provato a farli sfilare oltre le scarpe ma senza riuscirci, infilò i pollici sotto l’elastico delle mutandine bianche, sollevò di nuovo il culo appoggiandosi con le spalle allo schienale del divano e sulla punta delle scarpe e si tolse anche queste, abbassandole fino alle ginocchia.
Ora, con la figa ben visibile al fratello tra le gambe semiaperte a causa dell’intimo abbassato solo a metà, si sentì improvvisamente a disagio. Aveva sognato per anni quel momento, ma mai, in una sola occasione, si era immaginata imbarazzata all’idea che Marco non apprezzasse il dono che lei voleva dargli. Alzò lo sguardo verso di lui quasi con il timore che potesse essere deluso o insoddisfatto.
Lui, invece, stava scuotendo lentamente la testa, divertito. S’inginocchiò davanti a lei, sorridendo, e prendendole un piede ancora calzato, sollevandolo. «Mi piacciono le ragazze che non vogliono perdere tempo» disse, mentre appoggiava il piede della sorella sul ginocchio, sciogliendole poi il nodo dei lacci. In un attimo, aveva tolto la scarpa, appoggiandola accanto al divano; quindi, prese anche l’altro piede e fece lo stesso. «Lo ammetto, comunque: la prima volta avrei voluto arrivare a questo con un po’ più di calma e facendoti un massaggio per prepararti alla cosa ma…» e alzò lo sguardo dal piede all’inguine della sorella, luccicante di desiderio che stava colando sul perineo, «vedo che sembri già pronta.
Lei annuì, mordendosi le labbra. Lo osservò sfilarle i pantaloncini e poi le mutandine ma, queste ultime, invece di lasciarle cadere a terra, le portò al volto e lo sentì inspirare a fondo attraverso il naso.
Marco emise un gemito di piacere. «Il profumo è eccellente. La mia sorellina ha un roseto in mezzo alle gambe».
Lei sorrise e fu sul punto di rispondere per quella gentilezza, ma l’unica cosa che le sfuggì fu un gridolino quando lui la afferrò per le caviglie e la tirò a sé, facendole percorrere tutta la profondità del divano con il culo, lasciandola seduta sul bordo del cuscino. Marco le aprì le gambe, poi vide la sua testa scomparire tra le sue cosce.
Il battito cardiaco di Chiara salì all’impazzata, improvvisamente insicura del sapore e aspetto della propria passera, ma la preoccupazione sparì in un attimo quando sentì prima un bacio appoggiarsi sul suo sesso, poi le labbra aprirsi e la lingua di Marco scivolare in mezzo. Gli occhi della ragazza si spalancarono e il fiato fermarsi nei suoi polmoni mentre sentiva suo fratello esplorare con dolcezza la sua passera, gustandola con piacere.
«Mi piace il sapore della tua fighetta» affermò la voce tra le sue gambe, senza interrompere il suo lavoro con la lingua.
Chiara fu invasa da un senso di euforia a quelle parole, e non tanto per il loro significato intrinseco, quanto per il fatto che suo fratello l’aveva biascicato, troppo preso dal gustare il suo sesso per smettere anche solo il tempo di pronunciare quelle parole. A Marco piaceva leccare la sua passera… e la leccava con una foga che non si sarebbe mai nemmeno sognata.
Appoggiò una mano sui capelli di suo fratello, spingendo dolcemente perché non smettesse con il magnifico lavoro che stava facendo. Con l’altra mano si alzò il fondo della maglietta fino al collo, scoprendo il suo ventre piatto e il reggiseno che, con qualche difficoltà, sia per la posizione che per non perdersi il piacere di nemmeno una delle pennellate di lingua che scivolavano sulla sua passera, riuscì ad aprire e a togliersi.
Cominciò a massaggiarsi uno dei piccoli seni. Aveva sempre provato un profondo imbarazzo nei loro confronti, così piccoli, una seconda che, in confronto ad alcune sue amiche, soprattutto quella cagna di Beatrice e quella troia di Cinzia, sembravano dei brufoli, ma in quel momento le parevano meravigliosi. Marco aveva scopato Beatrice e si era trastullato con le sue grosse bocce, però era certa che li avrebbe apprezzati ugualmente come amava il sapore della sua fica…
«Marco…» sussurrò, mentre la testa cominciava a girarle per il piacere che lui le stava donando con la lingua, «Marco, allungami una mano».
Apparentemente senza nemmeno accorgersene, lui lo fece, e dalle gambe di Chiara si alzò un braccio muscoloso e coperto da peluria. Lei prese la mano con quella libera e la appoggiò su una sua tetta. Un attimo dopo le dita del fratello di strinsero con dolcezza sul capezzolo.
«Le tette della mia sorellina!» esclamò lui, soddisfatto, sollevando la testa dall’inguine di Chiara. Il volto luccicava per l’umidità che aveva raccolto strofinandosi sulle labbra della passera, ormai grondante. «Finalmente! Non sai da quanto le ammiro e sogno di palparle…»
«Non fermarti, Marco» lo implorò lei, «ti prego».
«Di fare cosa?» domandò lui, senza trattenere un sorriso malizioso simile a quello di un bambino che sta pensando di fare qualche marachella.
Chiara non ebbe idea di cosa frullasse nella mente di suo fratello fino a quando s’irrigidì, la bocca che le si apriva come l’ingresso del suo utero mentre due dita di Marco entravano in lei. Non se l’era aspettato ma, dopo un istante di sorpresa, si ritrovò ad apprezzare la dimensione dell’indice e del medio del ragazzo.
«Cazzo…» si lasciò sfuggire lei in un fiato mentre si afflosciava sul divano e il cuore iniziava a battere più velocemente. Sentì le dita sprofondare per tutta lo loro lunghezza, riempiendo la sua passera come nessuno dei tre uccelli che avevano trovato piacere dentro di lei aveva mai fatto prima. Un senso di piacere iniziò a invaderle la mente, un calore che si irradiava dal suo basso ventre scaldandole l’anima, e solo profondi e rantolati respiri sembravano impedirle di prendere fuoco nelle viscere. Improvvisamente, si rese conto che, da qualche istante, il buco del suo culo aveva cominciato a chiudersi e a dilatarsi in continuazione, come se fosse intento a sospingere nuova energia verso la fonte del benessere che stava vivendo.
Aveva pensato che farsi leccare la fica… il… il cunnilingus, come lo chiamava il libro digitale mandatole da Beatrice… fosse principalmente la soddisfazione di avere un uomo che non sfruttava il corpo della partner per avere un orgasmo, ma si stava convincendo di essersi sbagliata totalmente: il fatto che suo fratello stesse impiegando il proprio tempo per qualcosa da cui avrebbe tratto piacere solo Chiara era immensamente minore del piacere vero e proprio che la lingua e le dita di Marco stavano provocando alla sua passera….
Quanto avrebbe voluto avere un orgasmo, ma al tempo stesso che il suo amante non smettesse mai più con quanto stava facendo.
Poi suo fratello si fermò all’improvviso, almeno per quanto riguardava il lavoro di lingua. «Ma guarda chi si fa vedere…» esclamò, allegro.
Chiara non capì cosa stesse intendendo, ma un attimo dopo un piacere quasi doloroso le esplose nella mente. Lanciò un grido strozzato, arcuando la schiena mentre un calore si liberava nelle sue membra e uno spasmo nel suo utero sembrò riverberare in ogni sua fibra.
«Marco…» disse, senza saper aggiungere altro, la sua mente obnubilata dal piacere come se i suoi pensieri si fossero persi nella nebbia. Avrebbe voluto dire che lo amava, che voleva essere fottuta fino allo sfinimento, che era la sua troia, ma era come se non ricordasse come si facesse a parlare.
«Nessuno ti fa mai godere con il tuo clitoride, sorellina?» domandò lui, divertito, prendendola in giro. Un attimo dopo Chiara sentì la punta calda e bagnata della lingua del fratello disegnare un paio di cerchi attorno alla base del clitoride, ormai eretta, e poi risalirla con colpi lievi e brevi.
Il piacere poteva essere così intenso da risultare doloroso, avrebbe capito Chiara se non fosse stata intontita proprio dalla libido che cresceva dentro di lei con una velocità ed intensità tale da sembrare impossibile da contenere. Si sentiva talmente male da essere sicura che si sarebbe liberata sul divano, gli arti che si scuotevano tanto i muscoli sembravano colmarsi di piacere rabbioso, la mano che teneva suo fratello per i capelli come se fosse stata posseduta da una propria volontà.
La ragazza si rese conto di urlare ad ogni colpo della lingua di suo fratello, mentre le dita continuavano a fotterla con l’irruenza di un maglio. Chissà cosa stavano pensando i vicini, si chiese una piccola parte della sua mente, l’unica che ancora non era stata sommersa dal desiderio e dal piacere. Lo avrebbero detto ai suoi genitori che quel pomeriggio, in casa loro, qualcuno aveva chiavato con tale vigore da mettersi ad urlare? Se solo la sua capacità di ragionare non fosse stata scalzata dalla voglia di essere scopata da suo fratello e di raggiungere un orgasmo come quelli che avevano sperimentato le sue due amiche, di sicuro non sarebbe rimasta lì, mezza nuda, con l’altro figlio dei suoi genitori a stimolarle la passera e a portarla al piacere sessuale.
«Marco, fammi godere…» lo implorò, invece. In quel momento, le era impossibile immaginare un altro scopo nella propria vita che non fosse un imminente orgasmo, il migliore che avesse mai avuto.
Il fratello non rispose: la lingua smise di leccare il clitoride ma lo abbracciò con le labbra, suggendolo, mentre le dita smettevano di muoversi come un cazzo ma imprimendo una forza quasi dolorosa sulla parete vaginale.
Chiara fu colta dalla sorpresa a quell’improvviso mutamento dell’azione del fratello, e fu quasi sul punto di chiedere, confusa, perché l’avesse fatto, quando ebbe l’impressione che stesse per essere vittima di un arresto cardiaco: il suo corpo fu attraversato da una scossa che mai aveva sperimentato in precedenza, un calore così intenso che sembrò bruciarle le carni e farle sprizzare stille di sudore dalla pelle come se fosse diventata liquida, un’onda di confusione impattare con la sua mente tanto intensa da cancellarle ogni pensiero. Credette di morire, ma fu il momento più bello, intenso, meraviglioso della sua esistenza.
Si scoprì con tutti i muscoli irrigiditi, le braccia lungo il corpo che, attraverso le mani, tenevano bloccata la testa di suo fratello contro il proprio inguine, il culo sospeso dal divano, la sua passera che vomitava fluido… trasudo vaginale, ricordò con uno sprazzo di lucidità come un fastidioso raggio di sole tra nubi di un temporale di puro piacere…
“Cazzo,” pensò, “quello era un orgasmo…”. E, sconvolta dall’emozione, iniziò a singhiozzare, scoprendosi ridicola ad una risposta emotiva simile ad un avvenimento tanto meraviglioso, poi gettò all’aria la sua dignità quando non le fu più possibile trattenersi e scoppiò in un pianto.
«Che sciocca che sei…» disse suo fratello con una dolcezza tale che, se non fosse stata sconvolta da quanto appena accaduto, le sarebbe sembrato il più bel complimento al mondo. Lo percepì sollevarle le gambe e, per qualche motivo, pensò, e anzi sperò in fondo al suo cuore, che l’avrebbe scopata con ardore mentre piangeva, come una punizione per il suo comportamento infantile, e invece si accorse che la stava girando sul divano, sdraiandola. Un attimo dopo una mano si posò sulla sua guancia e l’accarezzò.
«Stai bene?» domandò Marco, ma non c’era apprensione nella sua voce.
Chiara riaprì le palpebre, inghiottendo gli ultimi singulti, strofinandosi gli occhi per togliere il velo di lacrime che rendeva il mondo un caleidoscopio. Improvvisamente, dovette trattenere invece una risata nel vedere il viso del fratello bagnato dal torrente di desiderio che era scaturito dalla sua passera negli ultimi istanti prima di essere fulminata dal piacere.
Non riuscì comunque a nascondere dai propri lineamenti il moto di imbarazzato divertimento che l’aveva colta. «Sì, grazie. È stato bellissimo».
Marco sorrise, soddisfatto. Sembrava l’avesse avuto lui, un istante prima, l’orgasmo migliore della sua vita. «Un altro?» le chiese, con la stessa naturalezza con cui l’aveva invitata a mangiare il gelato, qualche giorno prima. No, anzi: questa volta lui sembrò ancora più desideroso che accettasse la sua proposta.
Chiara tentennò. Lo voleva dentro di lei, che la scopasse con vigore e la sottomettesse come una sua proprietà, che usasse il suo corpo per trarne piacere… Erano anni che desiderava essere la sua puttana… Ma, cazzo… Cazzo, doveva vivere un altro orgasmo simile, non poteva farne a meno.
Lo avrebbe ricompensato con ogni suo mezzo, in ogni possibile modo, avrebbe fatto scordare a suo fratello quelle due cagne in calore di Beatrice e Cecilia, e qualunque altra ragazza avesse mai scopato, ma, in quel momento, non poteva fare a meno di provare di nuovo quella sensazione.
Fu quasi con uno sforzo che lo ammise: «Sì, ti prego…»
Le labbra di Marco si appoggiarono alle sue, ora dal sapore del suo piacere sgorgato in gran quantità sul suo volto. «Mi piace leccartela» le sussurrò quando le loro lingue ebbero terminato di amarsi. «Vieni bene» aggiunse, con un occhiolino, facendola imbarazzare, ma solo un po’.
La seconda volta fu più breve, Chiara sapeva già cosa aspettarsi, e si sentiva già pronta, ma nonostante questo fu più dolce, piacevole, forse non così intenso ma… Chiara non avrebbe saputo come descriverlo, mentre ansimava lentamente sul divano, riprendendosi dal secondo cunnilingus della sua vita, riempiendosi i polmoni dell’afrore di sesso proprio e di suo fratello, e scoprendo che era il profumo più meraviglioso che avesse mai inalato. Era stato come bere un bicchiere d’acqua fresca senza deglutirlo, sentirlo scendere lungo l’esofago e rinfrancare il calore dello stomaco lentamente e con gentilezza, e non di botto come succede sempre.
Marco aveva abbandonato la sua figa che, anche senza bisogno di guardarla, percepiva bagnata di saliva e trasudo fino a metà delle cosce, calda come mai prima di allora. La ragazza scoprì di non averla mai amata tanto come in quel momento.
Non aveva mai nemmeno amato… no, adorato, venerato suo fratello come in quel momento, sebbene adesso si stesse limitando a succhiarle i capezzoli, e la cosa non fosse che un’ombra del piacere che le dava quando invece il suo impegno era focalizzato sul suo clitoride.
Appoggiò una mano sui capelli del suo amante, accarezzandoli. «Marco…» gli disse, piano piano, «scopami, ti prego».
Lui continuò con un lungo succhio sul capezzolo eretto di Chiara prima di alzare la testa dal seno e guardarla con uno sguardo esageratamente annoiato. Si lasciò scappare un sospiro. «Voi donne, tutte le volte che uno si sta divertendo, tirate fuori una qualche incombenza…» ma, mentre lo diceva, si slacciò di nuovo i pantaloni, li lasciò scivolare sul pavimento, quindi si sedette ai piedi di Chiara e, nonostante quanto aveva rimbrottato bonariamente a lei, si tolse le scarpe usando la punta dei piedi contro il tallone e spingendo.
«Marco» disse la sorella, eccitandosi all’idea di vederlo tutto nudo, «togliti anche la maglietta. Devi essere un gran figo a torso nudo».
Lui sorrise lanciandole uno sguardo di soddisfazione mentre aveva la seconda scarpa a metà del piede. «Buongustaia» ironizzò, ma afferrando il fondo della t-shirt la sollevò, mostrando il lavoro di mesi e mesi di palestra e lavoro fisico anche a casa.
Chiara, al pari del cazzo di suo fratello, non aveva mai avuto la possibilità di vederlo senza maglietta, e lo spettacolo che le si presentò dinnanzi non le dispiacque affatto. Le spalle grosse e gonfie, i pettorali e gli addominali cesellati, e tutti quegli altri muscoli che non si era mai presa il disturbo di scoprire che nome avessero, apparivano sul corpo di suo fratello nella forma migliore. A quella vista, sentì la sua passerina dilatarsi di nuovo, diventare ancora più bagnata… ebbe l’impressione di provare quella fastidiosa sensazione che prende alla gola quando si vede un piatto succulento, sebbene non fosse la gola il punto del suo corpo in cui la stava provando.
Nel frattempo, Marco aveva finito di spogliarsi, le mutande che si stavano afflosciando sul pavimento, afferrando il suo uccello in tiro alla soddisfacente vista della sorellina nuda. Chiara ebbe un moto di orgoglio nel comprendere che l’eccitazione di suo fratello era dovuto al suo corpo e all’idea che stava per scoparla.
Lei si sistemò meglio sul divano, aprendo le gambe e piegandole. «Presto, Marco, non resisto più. Non sai da quanto tempo aspetto questo momento» confessò, spalancando il suo cuore quanto le sue cosce, forse anche di più.
Marco si inginocchiò sul divano tra le gambe di Chiara. Alzò lo sguardo dall’inguine della sorella al suo viso. Fu quasi con uno sforzo che ammise a sua volta: «Non hai idea di quante volte abbia fantasticato sull’averti sopra di me, che mi cavalchi fino a sfinirmi, insaziabile di piacere…»
Il cuore di Chiara fu invaso da una moltitudine di emozioni a quelle parole, ma quella che sembrò prevalere, e le permise di non mettersi a piangere, fu riconoscere l’ironia che entrambi sognavano di essere sottomessi dal partner. Scopare suo fratello, cavalcandolo fino a svuotargli le palle, lasciandolo privo di forze, invece di essere posseduta come una sua proprietà, un corpo con il solo scopo di dare piacere a Marco, la fece sorridere. Ma non importava, si disse, mentre appoggiava le mani sulle chiappe muscolose di suo fratello e lo invitava ad avvicinare il suo sesso al proprio: lei lo avrebbe comunque convinto a trattarla come una puttanella. La sua puttanel…
Ogni pensiero nella mente di Chiara scomparve come se non fosse mai esistito quando sentì l’ingresso del suo utero aprirsi nella letterale penetrazione del cazzo di Marco. Aprì allo stesso modo le labbra e gli occhi, mentre i polmoni si riempivano di aria in un rantolo di piacere.
«Come sei calda, piccola» le disse Marco, e anche nella sua voce si percepiva un accento di soddisfazione.
«Scopami, Marco» la implorò lei con un filo di voce, sconvolta dalle emozioni, «scopami…»
Il fratello non rispose, ma il suo cazzo cominciò a scivolare avanti e indietro con dolcezza nella passera di Chiara, più piccolo delle due dita che aveva usato per chiavarla mentre la leccava, ma infondendo nella ragazza una sensazione incredibile, meravigliosa. La cappella era bollente e s’insinuava dentro di lei con una sicurezza che nessuno dei suoi precedenti, scarsi amanti, sembrava aver mai avuto; l’asta del cazzo scorreva tra le labbra della sua fica come se fosse sempre stato il suo ambiente naturale, come se l’uccello di Marco fosse stato creato appositamente per la passera di sua sorella.
Chiara chiuse gli occhi dopo aver preso le mani di suo fratello ed averle appoggiate sul suo seno perché continuasse a giocarci, poi tornò a stringergli le chiappe sode. Si sentiva invasa da un senso di agitata tranquillità e un doloroso piacere che crescevano dentro di sé, qualcosa che non aveva mai sperimentato prima, nemmeno quando si sditalinava nella sua cameretta, ma che non avrebbe mai voluto cambiare per nulla. Le sembrava un sogno che finalmente il suo corpo potesse essere la fonte di orgasmo per il suo adorato fratello e, scoprì, che non si era mai sentita tanto soddisfatta nella sua vita.
«Marco, ti amo…» non riuscì a trattenere, stringendo ancora più forte i glutei del suo amante, e, quasi come se trattenendo anche questo sarebbe esplosa, aggiunse, ma a bassa voce: «sono la tua troia…»
Con un’ombra di sconcerto, lo sentì abbandonare il suo seno con le mani e i colpi smettere di penetrarla. S’irrigidì nel comprendere che quelle parole erano state di troppo, e che Marco ne era restato disgustato, ma dopo un istante lo sentì abbracciarla, farla ruotare su un fianco e riprendere a scoparla. Fu sul punto di riaprire gli occhi, ma le labbra di suo fratello si appoggiarono sulle sue e un lungo bacio si consumò tra di loro.
Chiara fu forse più felice di Marco quando lui venne dentro di lei. La strinse a sé, tremando nell’orgasmo, mentre il cazzo affondava dentro di lei con gli ultimi colpi profondi, quasi stesse cercando di raggiungere la sua anima, poi un senso di umido calore si riversò nella sua passera. Suo fratello sembrò boccheggiare mentre spruzzava il suo latte, ripetendo un paio di volte il nome di lei rotto dagli spasmi dell’orgasmo. Era durato più di dieci minuti nel suo lavoro di possessione, e nel frattempo lei aveva goduto quando un dito le era entrato nel buco del culo, scopandola sia davanti che dietro.
Ora, erano entrambi sdraiati, nudi e sudati, sul divano, Chiara su un fianco accanto a Marco, la testa su una sua spalla, intenta a giocare con un dito sulla punta del suo cazzo semi eretto, bagnato di umori sessuali di entrambi. Lo guardava in viso con una devozione che non si sarebbe mai aspettata di poter riservare ad un amante. Stavano parlando da qualche minuto, sebbene non ci fosse molto di cui discutere con il proprio fratello che si vedeva ogni giorno se non della scopata appena consumata.
Lo baciò sul collo. «Grazie, Marco: è stato meraviglioso».
Lui girò il capo verso di lei, restituendole il bacio sulle labbra. «Tu sei meravigliosa, Chiara. Hai un corpo stupendo. Sono felice di aver ceduto e aver fatto l’amore con te».
«Non sarà l’unica volta, giusto?» domandò lei maliziosa, continuando a disegnare cerchi con un dito sulla cappella del fratello. Un senso di gelo, comunque, crebbe in fondo al suo cuore all’eventualità di una risposta negativa.
«No, ovviamente. Ti amo, Chiara, e non solo come sorella. Voglio farti godere ogni volta che mi è possibile».
Lei si sporse su di lui, sedendosi sul suo addome scolpito, baciandolo con passione, accarezzandogli il volto. Esplorò con cura la sua cavità orale con la lingua, studiando ogni dente prima di scivolare più in profondità. Rimasero così diversi minuti, amandosi con ardore.
«Voglio dirti una cosa, Marco…» gli confessò lei, dopo che si erano staccati e lei si era appoggiata di nuovo con il capo sul petto del fratello, «ma non offenderti, o pensare male».
«Come posso pensare male della mia sorellina?»
Il coraggio di aprirsi completamente a Marco tentennò in Chiara, ma poi, comprendendo che solo questo le avrebbe permesso di raggiungere completamente il piacere che riteneva di avere il diritto di provare, decise di svuotare il sacco. Si alzò a sedere sull’addome del fratello, la passera che sfregava sulla striscia di pelo che scendeva dal petto all’inguine, guardandolo negli occhi. «Marco… voglio che mi tratti come la tua puttana».
Lui sollevò le sopracciglia, confuso. «Cosa intendi dire?»
La voce di lei si abbassò di volume, come se avesse paura che le mura di casa potessero sentire il suo segreto desiderio. «Voglio che usi il mio corpo per il tuo piacere, che mi insulti mentre mi fotti senza rispetto».
«Cosa?» chiese lui, palesemente sorpreso e, con dispiacere della sorella, inorridito alla richiesta. «Non ho intenzione di…»
Chiara si alzò in piedi, nuda, nella sua figura magra e slanciata, quasi un gattino che litigasse contro un orso. «Perché no?» gridò, arrabbiata. «Sei uno stronzo!»
Marco si tirò su, sedendosi sul divano. Alzò le mani davanti alla sorella, sebbene non avrebbe potuto temere nulla da lei, cercando di calmarla. Lei, però, si comportava come una furia. «Chiara, aspetta… Io non…»
«Cazzo, quella puttana di Beatrice la chiamavi “troia” senza problemi mentre la chiavavi nel prato dietro la discoteca!» gli rinfacciò, il viso, dalla grazia della giovinezza spesso adombrata dalla timidezza, ora distorto dalla rabbia. «L’ha raccontato l’altro giorno a tutte noi, ed era soddisfatta di essere la tua schiava sessuale!»
Marco, che si era alzato in piedi, scosse la testa, sospirando, le spalle basse. «Chiara, senti…»
Ma Chiara non aveva ancora finito, la sua rabbia era come un’ondata che avesse distrutto una diga e le sue parole erano un fiume di coltelli scagliati contro il fratello, troppo buono per renderla felice. «Scommetto che hai chiamato “puttana” pure quella cagna in calore di Cecilia mentre te la sbattevi nel suo letto. Lei non l’ha raccontato perché vuole fare la santarellina, ma scommetto che è una gran zoccola anche…»
Con un movimento tanto repentino che la ragazza non lo vide nemmeno, Marco l’afferrò per un braccio e la fece ruotare su sé stessa, sbattendola contro il tavolo della sala, mettendole una mano sopra la testa e bloccandola contro il piano. Lei lanciò un grido di sorpresa più che di dolore, perché non ne provò quasi. Per un istante ebbe paura, ma poi comprese.
«Piantala di dare della troia a chiunque, quanto tu sei la peggiore» la biasimò Marco con un profondo disgusto nella voce. «Seduci tuo fratello, te lo scopi e poi vuoi fare la moralista? Vaffanculo, Chiara!»
La ragazza fu su punto di replicare, sebbene non sapesse cosa dire; non le fu necessario, perché percepì qualcosa di caldo scivolare tra le sue gambe e poi cercare di intrufolarsi tra le labbra della sua passera. Si morse le labbra quando capì che era di nuovo l’amata cappella di Marco che stava per scoparla di nuovo: provò a trattenere un sorriso quando lui sprofondò in lei, ma non ci riuscì.
Suo fratello iniziò a colpire le sue chiappe con gli addominali ad ogni profonda penetrazione con tale forza da spingerla avanti sul tavolo. «Stupida puttanella…» l’accusò con astio mentre la fotteva senza rispetto.
Chiara fu sul punto di mettersi a piangere, colma di gratitudine verso Marco: finalmente il suo sogno erotico veniva soddisfatto e poteva essere amata come aveva sempre desiderato. Anzi, la cosa si stava dimostrando sempre più soddisfacente, portandola ad un livello di eccitazione che nemmeno prima aveva sperimentato.
«Mettimi di nuovo il dito nel culo, ti prego…» chiese lei sottomessa. «Sono una stupida puttana e devo essere umiliata».
Pensò che Marco, questa volta, non l’avrebbe soddisfatta ma, dopo qualche secondo di incertezza del fratello, sentì il suo ano dilatarsi sotto l’azione di una falange che entrava nel suo retto. La ragazza chiuse gli occhi, appagata, pensando che avrebbe dovuto spiegare a suo fratello come trattarla veramente quando scopavano… Nonostante tutto, era un po’ troppo morigerato, dovette ammettere.
Mentre sentiva il calore crescere in lei, un malessere che aveva imparato a capire che sarebbe sfociato in un piacere ancora più intenso, come un lampo di luce nella sua mente annebbiata dal desiderio sessuale, ricordò cos’aveva letto sul manuale di educazione sessuale e che aveva provato a sperimentare un paio di giorni addietro in bagno con un risultato disastroso. Respirò profondamente, riempiendosi l’anima ed il cuore dell’afrore di sesso che avevano consumato nell’ultima ora, e trovò il coraggio di riprovarci.
Liberò la mano che aveva sotto il suo corpo, se la portò tra le gambe e cominciò a sfregarsi il clitoride con foga, con un movimento doloroso e al tempo stesso eccitante, che la sconvolgeva come mai le era successo prima. Il movimento del cazzo di suo fratello nella sua passera bagnata che la fotteva con forza, la mano che la bloccava sul tavolo, Marco che la insultava, trattandola come la troia che si considerava… Un capogiro la colse, tanto intenso da farle credere di essere prossima a svenire, ma il piacere che montava dentro di sé le impediva di perdere davvero i sensi: anzi, non si era mai sentita viva come in quell’istante.
Sentì il calore crescere sempre più, arrivando al livello che aveva raggiunto grazie all’intervento della lingua di Marco e poi superandolo, l’eccitazione diventare fastidiosa, quasi dolorosa. Le colmava la mente, la straziava nel profondo della sua anima, le fuoriusciva in un rantolo mentre implorava suo fratello di fotterla perché era una puttana, una lurida troia.
Marco la teneva bloccata sul tavolo, il suo cazzo che sprofondava dentro il suo sesso grondante con un suono liquido mentre il dito le esplorava i primi centimetri del retto, ma sembrava fosse costretto a fare uno sforzo per insultarla. Solo un paio di “puttana” e “zoccola”, ma nulla di più.
Ormai a Chiara importava poco, in ogni caso: il clitoride sembrava essere stato immerso nella lava tanto era caldo e intenso il malessere che stava provando, quando l’agognato orgasmo parve aggredirla.
Si aspettò di mettersi ad urlare, a ripetere il nome di Marco e dire che lo amava, ma invece non riuscì a pronunciare una sola parola: fu come se la sua coscienza si spegnesse all’improvviso mentre un’esplosione di piacere accecava la sua mente, la bocca e gli occhi spalancati, i muscoli che venivano percorsi da una scossa incontrollabile e qualcosa di simile ad una potente pisciata uscì a getto dalla sua uretra. Pensò di impazzire, di perdere il senno, di svenire, e solo dopo qualche istante si accorse di essere tornata in sé.
Uno stato di stanchezza incredibile l’aveva colta, ma sembrava che lo spazio di ogni singola caloria drenata dal suo corpo fosse stato riempito da un senso di appagamento che non avrebbe mai immaginato, come se si fosse svegliata da un sogno meraviglioso, o iniettata direttamente in vena della cioccolata. Le ci volle una manciata di secondi per rendersi conto che era scivolata giù dal tavolo, e solo l’intervento di Marco, prendendola quando le sue gambe, a furia di tremare, come se avessero perso il contatto con la sua volontà, avevano ceduto, le aveva impedito di cadere a terra, nella pozza di liquido trasparente che luccicava sulle piastrelle.
Chiara lo guardò con la mente che si rischiarava, sorridendo al pensiero che, a differenza di Anna, lei lo aveva fatto davvero. Questo l’avrebbe fatta arrabbiare come una furia, pensò, e questo si aggiunse allo stato di piacere che la stava intontendo.
«Stai bene, Chiara?» chiese Marco, forse non per la prima volta; una nota di preoccupazione acuiva la sua voce.
La ragazza si accorse che il suo cazzo era uscito da lei quando aveva perso il controllo del proprio corpo, impedendogli di raggiungere a sua volta l’orgasmo. Era una pessima schiava sessuale, si disse, e doveva farsi perdonare dal suo padrone o lui avrebbe potuto decidere di punirla, magari smettendo di fotterla.
Provò a mettersi in piedi ma non si sentì sicura sulle sue gambe, quindi si inginocchiò nel proprio squirto. Abbassò lo sguardo sullo spruzzo e passò un dito nel liquido, sorridendo al pensiero di quanto fosse stato meraviglioso spruzzarlo. Non sarebbe stata l’unica occasione che avrebbe provato una sensazione simile. E l’avrebbe di nuovo provato con Marco, si promise, mentre alzava gli occhi su di lui, gioiosa.
«Va tutto benissimo, amore mio» disse con una felicità che, vista in un’altra persona, l’avrebbe trovata ridicola. Prese il cazzo con delicatezza e lo appoggiò sulla guancia sinistra, baciando la punta. «Adesso tocca a te godere».
Gli fece una sega lenta, dolce come mai una donna aveva fatto. Succhiò le palle, accarezzò la punta e scappellò con delicatezza, coccolandolo.
«Ti amo, Marco».
Lui aveva appoggiato la mano sulla testa della sorella, accarezzandole i capelli mentre lei faceva lo stesso con i suoi testicoli, strappandogli gemiti di piacere che aumentavano di frequenza fino a diventare un respiro profondo e breve.
«Vienimi in faccia, Marco» sussurrò lei, segandolo «marchiami e fammi una tua proprietà».
Marco afferrò una ciocca di capelli di sua sorella, bloccandola davanti al suo cazzo. «Sì, Chiara, sei la mia piccola puttana!» esclamò lui, lasciando uscire le parole con la stessa forza con cui il suo meato vomitava sborra calda sul viso della ragazza.
Chiara vide il primo colpo schizzarle in faccia, coprirla dai capelli alla guancia, un liquido caldo dal forte odore che, per qualche motivo, associò inconsciamente alla piadina che aveva mangiato mesi prima. Altrettanto involontariamente, chiuse gli occhi, ma percepì ogni singolo sbocco caldo e colloso di sborra bagnarle il viso, finendole sugli occhi, sulle labbra, nel naso. Fu una sensazione strana, quella di essere sborrata in faccia la prima volta, ma le piacque. Si promise di finire ogni futura scopata con Marco in quel modo.
Lasciò il cazzo quando si accorse che aveva smesso di spruzzarle addosso, poi si passò i palmi delle mani sulle palpebre per togliersi il seme che vi era finito sopra e guardò suo fratello, soddisfatta e felice, quasi quanto lui. «Grazie, Marco» disse.
Il fratello le mise le mani sotto le ascelle e la fece alzare, quindi, a sua volta, le passò un pollice sulle labbra, che poi le mise in bocca, sporco di sborra. Chiara lo succhiò con gusto, pulendolo e inghiottendo il seme.
Quando estrasse il dito, Marco la baciò con dolcezza. Lei lo afferrò per le chiappe e lo spinse a sé, sentendo il cazzo bollente contro il suo inguine bagnato di squirto. Rimasero a lungo così, poi, quando si staccarono, lui le accarezzò i capelli.
«Ti piace essere trattata così?»
«Come una zoccola?» domandò lei, sentendosi felice. «Tantissimo».
Lui tentennò un istante, probabilmente cercando di convincersi ad accettare la vera natura della sua sorellina. «D’accordo, ma solo quando facciamo l’amore. Fuori, no».
Lei annuì, soddisfatta, anche se era solo una concessione momentanea. In futuro, avrebbe convinto Marco a trattarla come la sua schiava sessuale anche in occasioni diverse. L’immagine di lei inginocchiata, contro un muro, in salotto, Marco che le fotteva la bocca e i loro che terminavano la cena in cucina, ignari, che le passò per la mente la fece quasi barcollare per il piacere che le provocò…
Il fratello, probabilmente per sviare il discorso, indicò la pozza sotto il tavolo. «E… quello? Hai…»
Lei si appoggiò con il capo alla spalla di Marco, una mano che si abbassava sul suo uccello, accarezzandolo. «Sì» ammise con un certo orgoglio. Poi aggiunse, per non intaccare l’autostima di suo fratello e spingerlo a trattarla in quel modo anche in futuro: «Grazie al tuo splendido cazzo e a come mi hai fatta sentire».
L’ombra di un moto di orgoglio passò sul volto del ragazzo.
«Dopo pulisco, prima che tornino i nostri» promise Chiara.
«Sì, sarà meglio vestirci» rispose lui, imbarazzato, come se in quel momento si fosse ricordato che erano usciti entrambi dallo stesso grembo e che avevano fatto qualcosa di veramente sbagliato. Indicò il viso della sorella: «e dovresti…»
Chiara sorrise alla vergogna del fratello. «Non preoccuparti, adesso vado a pulirmi» promise, facendo scivolare la mano sulla punta del cazzo e portandosela al viso. Inspirò a fondo l’afrore dei genitali di Marco, poi leccò una goccia di sborra che era rimasta sul prepuzio e aveva asportato con l’indice. Come aveva potuto vivere senza quei profumi e quei sapori, si chiese. Che vita triste e grigia aveva condotto fino a quel momento, si rese conto.
«Grazie, Marco» disse nuovamente, sollevandosi in punta di piedi e baciandolo. Lui doveva aver frainteso credendo si riferisse solo alla scopata e non a quello che si stava sbloccando in lei, nella sua personalità. Aggiunse comunque: «Mi piace quando mi metti un dito nel culo. La prossima volta, magari…»
Lui sorrise, comprendendo questa, di allusione. «Adoro il tuo culo» rispose lui, palpandole una chiappa. «Quando vuoi…»
«Ma adesso sarà meglio se ci vestiamo» disse lei, dandogli un’ultima carezza sul cazzo. «Mi mancherà».
«Sai dove trovarlo».
«E tu sai dove trovare la tua puttanella» rispose la ragazza.
Quando si allontanò da lui lungo il corridoio, sentì quasi fisicamente lo sguardo di Marco appoggiarsi sul suo culo, e la cosa le rese orgogliosa. In fondo, tutto il sudore che aveva profuso negli esercizi fisici per migliorare il suo corpo lo aveva versato solo per rendersi più bella agli occhi di suo fratello.
Aprì la porta della camera, girò la chiave per chiuderla e, invece di cercare i vestiti o pulirsi il viso dalla sborra di Marco, si sedette alla sedia della sua scrivania e accese il tablet. Il programma di videochat era già aperto e la stanza dove si era incontrata con le altre negli ultimi giorni già attiva. Premette un tasto per accedervi.
Il led della webcam si illuminò, e la sua immagine apparve nel rettangolo rimasto libero sullo schermo.
La comparsa della ragazza nella stanza della chat interruppe Anna che stava dicendo qualcosa. «Ah, finalmente sei arrivata» esclamò con un tono di astio nella voce. «Pensavamo che te la fossi fatta sotto all’idea di dover essere tu quella che doveva raccontare la sua migliore chiavata, quest’o–» poi si interruppe, e il rancore lasciò posto allo sbigottimento. Non di meno, anche le altre ragazze erano ammutolite, e ognuna di loro stava reagendo in modo differente alla vista della bionda.
«Ma che cazzo…» esclamò Helga, dall’altra parte del mondo, quasi disgustata, «ma sei nuda!»
«Che bel pezzo di fighetta, devo dire» commentò Beatrice, ridendo. «Oggi sei più anche più bella del solito».
Chiara si contemplò nel suo angolino di schermo, scoprendo di essere bellissima. Sì, era davvero meravigliosa, e non era solo per il suo corpo perfetto, che non aveva nulla a che invidiare a quello delle sue amiche, quanto piuttosto il luccichio degli occhi e alla nuova espressione che i suoi lineamenti avevano assunto: più rilassata, felice…
«Buona sera a tutte» augurò, un sorriso gentile e caloroso che non pensava di poter far sorgere sulle sue labbra, guardando tutte le altre cinque presenti. Trattenne per un attimo di più lo sguardo due in particolare: le aveva considerate delle amiche, poi le aveva trattate come delle luride sgualdrine, ma adesso le riconosceva come due sorelle amate. «Ciao, Beatrice. Ciao, Cecilia. Perdonatemi per i giorni passati, ma ora vedo tutto in una luce diversa, e posso solo darvi ragione».
Cecilia, nel suo streaming scadente, a differenza di Beatrice la fissava confusa. «Quello che hai sul viso…»
Il profumo della sborra di Marco sul suo volto inebriava ed eccitava Chiara ad ogni suo respiro. La ragazza sorrise. «Oh, non voglio rovinare la mia storia» rispose, con un occhiolino.
Prese il foglio con il racconto che aveva stampato prima, quello sfacelo di parole che doveva raccontare la sua migliore scopata ma che dimostrava solo che aveva patito come una pazza per dimostrare di non saper inventare una storiella con un cazzo in una figa. Scuotendo la testa divertita, lo prese con entrambe le mani e lo strappò per tutta la lunghezza con un gesto involontariamente scenico, poi lasciò cadere i due lembi sul tavolo.
Si sistemò meglio sulla sedia, accavallando le gambe e, al pensiero di suo fratello che la possedeva con violenza, si rilassò, lasciando scendere una mano sul suo pube e muovendo pigramente un paio di dita attorno al suo clitoride ancora turgido.
Guardò di nuovo le sue conoscenti e le sue nuove sorelle: Anna era confusa, Helga disgustata, Arianna imbarazzata, Beatrice e Cecilia… beh, Chiara fu sicura che le due fossero eccitate alla sua vista e, se la seconda era all’esterno e non poteva fare nulla, la prima si stava probabilmente toccando alla vista della ragazza nuda e ancora sfatta per una scopata spettacolare.
Non ci fu l’agitazione e l’imbarazzo che si era aspettata quando cominciò a parlare: «Adesso vi racconto la migliore scopata della mia vita e…» si interruppe, ricordando una cosa che l’aveva ferita. Guardò nel rettangolo che mostrava la spiaggia della Jamaica. «Hai ragione, Helga: dovremmo fare un club di tutte quelle che sono state amate da mio fratello» disse con un sorriso affilato come una lama. «E io ne sarò la presidentessa» aggiunse, con una grande soddisfazione, mentre il suo dito iniziava a prendere vigore sul suo clitoride «e adesso vi racconto il motivo».
Nessuna delle cinque ascoltatrici disse nulla, ma sui volti di Beatrice e Cecilia fecero la comparsa dei sorrisi. Chiara decise che loro due sarebbero state le sue vice, e partecipato di tanto in tanto con lei alle “riunioni” con Marco…
FINE
Nella raccolta: Sei amiche in videochat
La continuazione de "Il cuoco". Mentre aspetta che i loro genitori porti lei e suo fratello in vacanza, Chiara passa i pomeriggi estivi in videocall con le sue amiche, scoprendo segreti che la sconvolgeranno.Scritto da: William Kasanova
Sedicente autore di racconti erotico, in realtà erotomane con la passione della scrittura creativa. Per contattarmi, critiche, lasciarmi un saluto o richiedere il racconto in PDF, i miei contatti sono: 📧 william.kasanova@hotmail.com 📱 https://t.me/WilliamKasanova
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Troppo lunghi col finale scontato