Parte 6 – Epilogo
Cari Lettori e care Lettrici, eccoci qui con la parte per me imprevista, quella che penso sarà l’ultima.
Scrivo queste parole, su richiesta del mio Padrone, in una sera di fine settembre, di getto mentre sono sul letto. Gli obiettivi che a breve il mio Padrone mi ha prefissato sono il fisting vaginale con cui, a suo dire, sono a buon punto e il rapporto sessuale completo con un’altra donna, questione un po’ spinosa e su cui stiamo ancora lavorando. Questi sono i miei impegni.
Ci siamo lasciati con la quinta parte del mio racconto in cui mi ripromettevo di non fare più errori. I fatti raccontati in questo diario risalgono a mesi fa. Altre avventure sono accadute ed altri errori sono stati fatti. L’importante è rialzarsi sempre e fare di tutto per compiacere il mio Padrone. Di punizioni da potere infliggere ce ne sono tante, ed il mio Padrone ne è un Maestro, dalle più fisiche a quelle più psicologiche. Queste ultime le temo di più. Combo perfetta è l’unione di questi due aspetti. A tal proposito il mio Padrone mi ha chiesto di raccontare di quella che è stata, ad oggi, la mia ultima punizione. Non starò qui ad annoiarvi sul come io me la sia meritata, perciò passiamo direttamente a descrivere l’occorrente per realizzarla. Ci servirà un sottilissimo tappetino in gomma, dei ceci secchi e un paio di mutandine. Scommetto che i più esperti avranno già capito, ma lasciate che vi descriva l’accaduto.
Quel giorno sapevo che sarei stata punita, ovviamente non sapevo come, perciò una volta che il Padrone ha varcato la soglia mi sono fatta trovare senza vestiti e in ginocchio, pronta a ricevere la sentenza. Senza spiegarmi nulla mi ha fatto indossare un paio di mutandine spesse, ha tirato fuori il tappetino e mi ha messo davanti agli occhi una busta di ceci secchi. Ovviamente avevo già collegato tutto. Non capivo però l’utilizzo delle mutandine. Una volta posizionati i ceci sul tappetino, mi sono messa in ginocchio sui legumi con la schiena ben dritta senza che le mani toccassero a terra. Se pensate che sia facile e sopportabile come stare sdraiati sulla sabbia sappiate che vi sbagliate di grosso. I ceci sono come bulloni di metallo che vanno a penetrare nelle terminazioni nervose. Il Padrone mi ha spiegato che dovevo rimanere in quella posizione per almeno 20 minuti. E poi? Ho chiesto io. E poi sarebbero entrate in gioco le mutandine. Dopo 20 minuti avrei potuto interrompere la punizione solo se mi fossi fatta la pipì addosso, sempre stando sui legumi. Altrimenti sarebbe continuata ad oltranza. Dopo appena tre minuti dall’inizio ero trafitta da tante e durature fitte di dolore. Non sapevo come mettermi e mi veniva da piangere. Il mio Padrone mi parlava ma io potevo solo rispondere a monosillabi perché avevo il fiato spezzato. Non ho idea di come abbia fatto a resistere così a lungo, ma appena scattati i 20 minuti ho capito che me la sarei fatta addosso, non importava quanto fosse umiliante. Sono trascorsi ancora un paio di minuti prima che trovassi il coraggio di farlo, e poi, volgendo lo sguardo lontano da lui, mi sono lasciata andare. L’odore mi dava la nausea e la sensazione era pure peggio. Quei pochi minuti di pipì mi sono sembrati infiniti ma finalmente ero libera. La punizione però non era ancora finita, ovviamente c’era da pulire tutto.
In conclusione di questa bella sfida di scrivere il mio diario voglio dirvi che grazie alla mia dedizione, il mio impegno, obbedienza e serietà il mio Padrone sta iniziando a valutare di concedermi il collare di appartenenza, ovvero quello di Schiavitù. Questo è il simbolo di una relazione stabile e indissolubile, almeno da parte mia. Sigilla la mia incondizionata appartenenza al mio Padrone e l’accettazione di questo legame da parte di entrambi, cura e protezione in cambio di obbedienza e devozione. Collare di appartenenza che mi verrà applicato in un prossimo futuro al raggiungimento di alcuni miei traguardi.
Con l’occasione gli piacerebbe fare anche una piccola “cerimonia”, se così si può chiamare, con alcuni selezionatissimi invitati. Niente di sfarzoso, non immaginatevi abiti da sposa e bouquet di fiori, ma un classico rito, ormai raro, in pieno stile BDSM.
Questo racconto, oltre che essere la storia vera e la testimonianza del mio percorso, mi è stato spiegato che ha anche una particolare ed inconsueta valenza. Ho ricevuto l’ordine di pubblicare le sue testuali parole: “La storia della mia schiava Briseide è da intendersi anche come sua personale presentazione. Illustrazione necessaria per la ricerca di lettrici, schiave o no, che vogliono rendere concreta l’esperienza di fare avere, almeno per una volta, una compagna a Briseide. Solo le due donne. Non volendo pubblicare uno squallido annuncio su uno dei tanti appositi siti, ho scelto questa formula. Potrete ricevere ulteriori informazioni scrivendo qui su “Erotici Racconti” o a: briseide98@gmail.com”
Per chi si è appassionato alla mia storia mando un caloroso ringraziamento, i vostri consigli e le vostre belle parole mi fanno sempre piacere.
Il mio Padrone ringrazierà, nel limite del possibile, personalmente ciascuno di Voi per avere seguito la mia storia.