Anche due ubriaconi possono tornare responsabilmente a casa

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Categoria: Etero
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Qualche mese dopo l’incidente con la scala, la ragazza si stava sollazzando sul divano guardando Instagram, dopo l’ennesima sessione di studio. In quel mentre dalla finestra giunsero versi inconsulti. Rutti, risate sguaiate, tonfi. La ragazza corrugò la fronte e ascoltò i rumori. Erano Gisella ed Ettore che tornavano da una serata balorda.

Un altro tonfo. La ragazza andò alla finestra e scrutò nella penombra della sera. Sotto al fascio d’un lampione, come un’apparizione divina, era incurvato a ridere come un coglione Ettore. Teneva le mani sulle ginocchia e ansimava tra le risa, come se avesse corso una 3000 siepi, annaspando e tossendo, affaticato per l’alcol. Per terra davanti a lui c’era Gisella che intervallava insulti e risa.

“Ahahahahah, dai coglione, non stare lì a ridere, aiutamiii!”

“Che vecchia oca che sei, neanche reggi più l’alcol, ahahahahah”

“Senti chi parla, non è che tu ti regga in piedi così bene!”

Battibeccarono così per un po’, poi, quando lui si fu ripreso, si avvicinò alla moglie e tentò di tirarla su, ma nel tentativo evidentemente ebbe un capogiro e andò a rovinare sul fianco dell’auto con tutto il suo dolce peso. La ragazza si sbatté una mano sulla fronte.

“Ah…ah…ma che cazzo…”

“Ahahahaha hai visto?! Te l’ho detto che sei un povero coglione”

“Sta zitta troia!”

“Troia a chi brutto zotico!”

Eccoli che ricominciano. Ma come si fa a vivere così?

Dopo lo spettacolino pietoso infine Ettore riuscì a rimettersi in piedi e tirare su la moglie. Poi, come la coppia di squinternati che erano, cominciarono ad avviarsi verso il cancello del condominio. Un passo avanti e due indietro. No, decisamente non andava. All’improvviso idea folgorante. Ettore, chiaramente la mente della coppia, fece cenno alla moglie di avvicinarsi e le mise un braccio intorno alle spalle; Gisella a quel punto gli mise un braccio intorno alla vita e così, con la coordinazione di un ninja affetto da atassia, riuscirono a raggiungere la loro meta. Nel frattempo gli era partita la ciucca allegra e quindi si erano messi a cantare e ridacchiare come cretini, finché non si resero conto di avere davanti un ostacolo insormontabile: una serratura.

Ora, dove ho già visto questa scena? Ah sì…1

Inutile descrivere quello che accadde, lo sappiamo già, solo che questa volta ci furono il doppio delle bestemmie e gli insulti non furono rivolti solo all’innocente cancello e a Dio, ma anche a persone reali.

Superata anche la porta d’ingresso e la soglia di casa con non poche difficoltà, finalmente la coppia si tolse gli abiti e si preparò per andare a letto. Gisella era ancora piuttosto concentrata ad infilarsi i pantaloni del pigiama senza cadere, quando improvvisamente le arrivò una forte pacca sul culo che la fece squittire.

“Ma sei scemo?!” gli urlò con la sua sexy voce roca.

“Dai vieni qua, fatti toccare…”

“Non ci pensare neanche, ho sonno e mi gira la testa”

“Ma io ho voglia”

“Tu hai sempre voglia, sei un rompipalle”

“Dai, dai, dai!” e così dicendo tirò la moglie per il braccio. Lei cadde sul letto in un groviglio di lenzuola e pigiama, con tutti i capelli arruffati sulla faccia.

“Ma insomma piantala, pezzo di idiota!” e gli mollò un ceffone sulla cucuzza.

Lui imperterrito cominciò a baciarle il collo, mentre le strappava il pigiama dalle gambe.

Rassegnata, sbuffando, Gisella si diede per vinta e si lasciò cadere teatralmente sotto di lui, guardandolo con disapprovazione.

“Vediamo di darci una mossa allora, non ho tutta la notte”

“Quanto sei romantica”

“Pfff”

Ettore la afferrò per le cosce e la attirò verso di sé, mentre il suo membro semirigido già sbucava da sotto la panza. Poi spostò le mani verso i piedini di lei e cominciò a strusciarli sul suo cazzo.

“Ma che pervertito sei! Se vuoi la mia figa prendila, ma non so qui per dar corda alle tue schifezze”

Dopo aver continuato per alcune strusciate, il suo cervello elaborò lentamente le parole della moglie e si fermò sbuffando, andando ad afferrarle invece le mutandine. Senza troppa delicatezza le prese con una mano per il davanti e le sfilò in un colpo solo, guardandosi intorno indeciso su dove appoggiarle.

“Che fai adesso ti metti anche ad annusarle magari? Piantala di perdere tempo! Piuttosto vieni qua a darmi una leccata”

Ettore, eccitato come un adolescente davanti ad una rivista di playboy, si tuffò tra le sue gambe secche, mulinando la lingua alla bell’e meglio. Intanto le sue mani andavano a toccacciare le tettine della moglie in modo scoordinato. Quando la fichetta gli sembrò sufficientemente bagnata, si rialzò con la barba imbrattata, sogghignando come un gatto. Sogghigno che si affievolì subito, però, nel minuto successivo, nel quale tutte le energie cerebrali si condensarono sulle complesse operazioni di infilaggio e di mantenimento dell’equilibro.

Se un osservatore avesse visto la scena dall’alto avrebbe immediatamente riconosciuto l’immagine di un polpo intento a divorare una stella marina. Gisella era, infatti, abbandonata sul letto con gli arti spalancati come il suddetto echinoderma, mentre Ettore coi gomiti appoggiati al materasso e i piedi puntati per terra faceva del suo meglio per non spiaccicare la consorte sotto al proprio peso. Mmm…sexy…

Un colpo, due colpi, e così via: piano piano Ettore prese il ritmo e il sogghigno felino tornò ad illuminare il suo volto.

Dopo un’altra ventina di colpi anche Gisella cominciò ad apprezzare l’amplesso: lo dimostrò prima con alcuni gridolini striduli e poi tentando di avvinghiare le gambe alla circonferenza del marito.

Il tutto andò avanti per diversi minuti finché, in un lampo di illuminazione, Ettore prese consapevolezza dell’erculea fatica che stava compiendo. Pertanto pensò bene che fosse il momento di chiudere baracca e burattini. E così il gioioso gatto si trasformò in un lurido cinghiale grugnente, che riversò il suo seme nella moglie in un colpo solo, proprio mentre i gemiti di lei si stavano intensificando.

Per grazia divina trovò poi lo slancio per rotolarsi spossato su un lato e non rovinare sulla minuta moglie.

“Brutto animale! hai finito proprio mentre cominciavo a divertirmi, datti da fare almeno con le mani e fammi venire”

Ma quest’ultimo lamento risuonò nella stanza inascoltato. In risposta solo il russare della bestia.

Gisella levò le mani al cielo e si girò indispettita, rubandogli le coperte e addormentandosi senza nemmeno andare a lavarsi.

***

Qualche mese dopo, Gisella tornava dalla spesa indaffarata; un manico di una borsa che le cadeva dalla spalla ossuta, le chiavi della macchina uncinate al mignolo, le chiavi di casa nel resto della mano e un sacchetto di patate tra i denti. Mentre raggiungeva arruffata la porta scorse il guizzo di una coda grigia oltre il muretto del giardino. Si girò per infilare la chiave, la girò e vide spuntare un musetto bianco e grigio dal cancello. Due occhi verdognoli la scrutavano.

“Ma che bel gattino” pensò Gisella intenerita.

Il cucciolo la guardò curioso.

Una volta salita in casa sistemò la spesa e cominciò a preparare da mangiare, ma mentre apriva la carne pensò: “Quel bufalo non ha certo bisogno di mangiare così tanto” e decise di lasciare da parte un paio di fettine per il gattino. Dopo cena tra bestemmie e insulti scese in giardino e cominciò a chiamare il gatto. Vispo come una farfalla, il cucciolo spuntò dal retro del condominio e adocchiò il cibo che Gisella gli stava offrendo. Con un balzo era sull’erba e afferrava con i dentini la fettina di manzo, senza il minimo timore per l’umana. Gisella lo accarezzò un po’ e poi tornò in casa.

La scena si ripeté diverse volte quella settimana, fino a quando Gisella deciso di prenderlo in casa. Gli prese un collarino arancione e tutto il necessario per ospitarlo, lo chiamò Pepe e mise il marito davanti al fatto compiuto.

***

“Speriamo che trattatino bene quel gatto.” pensò la ragazza, osservando preoccupata la vicina che portava in casa uno dei cuccioli che la sua gatta aveva partorito.

Note finali:

1- Se non sapete di cosa parlo andate a leggervi la serie "Alcolismo ed evangelismo"

Scritto da:

Il disagio è il mio pastore.

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