Anita e gli amici del pescatore

Se c’era una cosa che in quella villa era certa, era che niente andava secondo i piani. La signora Anita era una donna bellissima, ma molto volubile. E proprio per questo suo carattere “instabile” saltò la settimana che avevo con tanta attenzione preparato per la barista Cara. A dire la verità, saltò proprio la relazione con la barista. Questo perché, imparai, su quell’isola non avveniva niente senza che lei ne venisse a conoscenza. Le voci del tradimento di Cara erano giunte alle orecchie del marito, grazie ad uno sconosciuto uccellino. Questi era tornato anzitempo per controllare la moglie. Non aveva prove, non sapeva che ero io l’amante, ma il dubbio istillato da quelle voci lo avevano portato a tenere sotto stretta sorveglianza la bella moglie nord-europea.  

Anita era tornata. Prima del previsto e, anche se non ne avevo le prove, sapevo che era stata lei a far girare quelle voci. E sapevo anche come le aveva ottenute. Ettore era un brav’uomo, ma era completamente sottomesso alla moglie.

         «Buongiorno, signora Anita.».

         «Luca, proprio te cercavo.».

         «Mi dica, signora.».

         «Hai fatto un ottimo lavoro in mia assenza.».

Camminavamo nel giardino. L’orto iniziava a dare i primi frutti. Le rose era sbocciate e il gazebo con il gelsomino era fiorito e rigoglioso.

         «Sono molto soddisfatta di te.».

Camminando finimmo in un edificio lontano dalla villa, una sorta di vecchio fienile.

         «Ora, vuoi raccontarmi come sono andate queste settimane in mia assenza.».

Era palesemente una prova. Sapeva già tutto, ma testava la mia lealtà nei suoi confronti. Stava mettendo in chiaro chi comandava e non potevo certo mentirle. Dire la verità a quel punto per me era obbligatorio.

         «Molto bene signora. Ho fatto tutti i compiti da lei assegnatomi e…».

         «E…».

         «Ho conosciuto nuove persone, il barista e sua moglie Cara. Dei cinghiali hanno distrutto il loro giardino e nel tempo libero mi sono offerto di sistemarlo. Il giardino e anche Cara. L’ultima volta era presente anche Ettore.».

         «Vedi Luca. Tutti possono sbagliare. Cara è una bella donna e tu sei un bel ragazzo, capisco le tue esigenze. Anche io ho le mie. Ma hai sbagliato a far partecipare Ettore. Apprezzo chi riconosce i propri sbagli, e ancora di più chi è sincero con me. E voglio ricambiare questa tua sincerità, dicendoti la verità. Non sopporto che altri prendano le mie cose.».

In un primo momento non capivo a cosa si riferisse, poi si avvicinò e allungò la mano sul mio cavallo, tastandomi il pacco.

         «Fammi essere più chiara. Sto parlando di te. Tu sei mio!».

Dicendomi questo stringe la sua stretta sul mio membro che sembrava ridestarsi sotto la pressione della sua mano.

         «Ripetilo!».

         «Io sono suo, signora!».

Sorrise.

         «Bravo! Ricordatelo. Certo non ti vieterò di andare con altre, ma dovrai chiedere il permesso.».

Avvicinò la sua faccia alla mia. Mi preparai a baciarla, ma mise il suo indice sulle mie labbra.

«Niente baci! I baci sono solo per il mio amante prediletto e tu non lo sei!».

Con la mano libera mi afferrò per il mento e mi girò la faccia verso destra per poi annusarmi a livello e del collo. Appoggiò le sue labbra e mi fece un succhiotto.

Se ne andò lasciandomi lì nel fienile con un’erezione nelle mutande.

Erano circa le 21. La signora era ancora a tavola con il marito Ettore e mi fece chiamare.

         «Prepara la macchina! L’alfa!».

         «Dove vai, cara?».

         «A farti cornuto!».

Ormai conoscevo le inclinazioni cuckold di Ettore e Anita riteneva non fosse più necessario tenerle nascoste.

         «Posso assistere, cara?».

         «Hai già avuto il tuo spettacolo, mi pare. Alle mie spalle! Resterai qui e questa sera non tornerò a dormire con te.».

Si alzò dal tavolò e se ne andò nelle sue stanze.

Scese dopo una ventina di minuti indossando delle scarpe con il tacco nere e un vestito nero che ne risaltava le forme. Scendeva le scale e la visione che avevo davanti era celestiale. Una bellissima dea dai capelli rossi, gli occhi azzurri. Il vestito ero un pezzo unico, partiva dalle spalline che scendevano a triangolo sul suo petto avvolgendo i suoi seni morbidi e mostrando una scollatura che terminava appena a metà del suo sterno, continuava poi a formare lungo i fianchi e avvolgeva quel bel culo largo, terminando a mezza coscia.

L’alfa Stelvio nera della signora aveva i finestrini posteriori oscurati, cosa che le permise, appena salita in macchina, di tirare fuori le tette dalla scollatura (non portava alcun reggiseno).

         «Non ti girare e non guardare. Guida fino all’indirizzo che c’è sul navigatore, è il secondo in memoria.».

Era la mia punizione: avere quelle mammelle a portata di mano e non poterle nemmeno guardare.

Giungemmo in una casetta sperduta tra la vegetazione. La signora si sistemò l’abito e, dopo che le aprii la portiera, entrò nella baracca.

Era un’unica grande stanza con un divano in pelle al centro e un tappeto in pelo davanti ad esso. Sul divano c’erano seduti quattro uomini di colore, alti e piazzati.

Da una poltrona posizionata lungo la parete opposta al divano, un altro uomo di colore. Si alzò e venne verso me e la signora. Era il pescatore. Mi ignorò e puntò direttamente Anita che lo accolse baciandolo. Potevo immaginare benissimo le loro lingue avvolgersi in quel bacio e, incredibilmente, sentivo montare dentro una strana gelosia.

Anita sapeva che ero un uomo possessivo e la mia punizione era proprio non poterla avere, anzi vedere altri che lo facevano al mio posto.

         «Siediti là, Luca!».

Indicava la poltrona.

Appena fui seduto, il pescatore la spoglio completamente. Non indossava nemmeno le mutandine. Era in piedi nel centro della stanza rivolta verso di me, con il mio sguardo che oscillava dal suo volto, al suo seno fin giù al suo sesso sormontato da quel triangolo di pelo rossiccio.

In un baleno, tutti i neri della stanza furono su di lei. La toccavano. Baciavano il suo corpo, anche se l’unico che aveva la sua bocca era il pescatore.

Furono presto tutti nudi e, indossati i preservativi, si lanciarono in una nera danza di uccelli attorno a quella perla bianca dalla chioma rossa. Lei segava quei mattarelli neri e grossi che le si strusciavano addosso.

Si spostarono sul divano dove iniziarono a prendere possesso dei suoi buchi. Si alternavano tra la sua bocca, la sua fica e il suo culo. Dopo un po’ avevo perso il conto delle doppie penetrazioni. Non passava un momento che non avesse un palo nero infilato contemporaneamente nella sua passerina e nel culo.

Il suo sguardo mi uccise quando, fissandomi, stava prendendo due cazzi contemporaneamente nel culo. Il volto era contorto da un piacere animalesco. Era ben allenata e le piaceva.

L’orgia durò per diverso tempo. Gli uomini si davano il cambio di continuo e nessuno sembrava in procinto di venire.

Anita li fermò e venne verso di me. Mi tirò fuori il pene dai pantaloni, era durissimo.

         «Vedo che ti piace vedermi all’opera!».

Non risposi.

         «Stasera l’unico che ingoio sei tu!».

Detto questo, si infilò la mia asta in bocca e iniziò un fantastico pompino che ben presto culminò in una copiosa sborrata nella sua bocca. Ingoiò tutto e mi sorrise.

         «Ora sono pronta!».

Tornò dai neri che l’aspettavano segandosi. La presero con ancora più veemenza. La sua passera spargeva umori ovunque su quel divano e anche gli uomini erano in procinto di venire.

         «Via i cappucci!».

Fu il pescatore a dare l’ordine.

Anita si mise in ginocchio sul tappetino davanti al divano.

Uno ad uno le vennero addosso. Quei peni neri e nodosi schizzavano gocce del loro seme sul viso, sui capelli e sul seno morbido di Anita che sorrideva ogni volta che sentiva di essere colpita dallo sperma.

Quando ebbero finito se ne andarono con il vestito della signora.

         «Torniamo, Luca!».

Anita salì in macchina coperta dal seme di quegli uomini e senza abiti.

Andammo nella mia dependance dove la signora prese possesso del mio letto, senza prima lavarsi.

         «Dormi con me, ma non osare toccarmi!».

Fu una notte insonne. Ero nudo, avevo quella dea rossa nuda accanto a me e non potevo toccarla. Ma il vero problema era il forte odore di sperma che Anita aveva addosso e che non mi faceva prendere sonno.

Scritto da:

Cosa dire di me? Sono uno scrittore amatoriale. Amo il genere dominazione, ma non disdegno tutto ciò che può essere interessante e coinvolgente. Se hai una storia da raccontare, ma non sai come farlo... scrivimi e troveremo un modo insieme! sono su Facebook come Canta Storie e alla mia mail Cantastoriedal28@gmail.com

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