Chi la fa, l’aspetti

Vado presto in ufficio. C’è poco da fare, il mio gruppo romano è ad una presentazione, il team di Milano è dietro due progetti in dirittura d’arrivo, con un mese di anticipo sulle scadenze. Qualche chiamata a Londra, Parigi, Madrid e Bucarest per fare il punto della situazione con i miei collaboratori ma non ci sono criticità. Decido di uscire subito dopo pranzo e di passare prima da Giovanna.

La chiamo al telefono per sapere se stava a casa e mi risponde che no, non era ancora a casa e che non sarebbe rientrata prima delle 18. Avevo fatto bene a chiamarla visto che l’impegno che aveva preso in precedenza si stava protraendo più a lungo e anzi, se la raggiungevo era meglio.

Giovanna faceva la rappresentante di articoli di moda e vendeva ai buyer arabi, indiani e cinesi. Quel giorno era impegnata con una sfilata presso un noto albergo di Roma, accanto a casa mia ai Parioli. Decido di raggiungerla lì e poi di portarla a casa mia.

Mentre mi sposto in auto, mi squilla il telefono. È Francesca. Non rispondo, faccio cadere la chiamata. Non ho voglia di sentire le sue stupide scuse.

Proseguo per la mia strada, arrivo all’albergo e parcheggio. Mentre chiudo lo sportello risuona il telefono. È ancora Francesca. Continuo a non rispondere, lasciando cadere ancora la chiamata.

Entro nella hall e mi dirigo verso le sale dell’evento di Giovanna. Faccio per prendere in mano il cellulare per chiamarla ed avvisarla e risquilla: ancora lei, Francesca. Questa volta rifiuto la chiamata al secondo squillo. Vediamo se capisce. Metto il telefono in silenzioso, raggiungo Giovanna che nel frattempo mi è venuta incontro ed entro nella sala destinata a backstage delle modelle.

Giovanna mi fa fare il giro, mi presenta a destra e a sinistra, l’Ambasciatore Caio e sua moglie, il Prof. Tizio con la sua signora, il senatore Sempronio con la moglie (tutte ragazzette di non più di 27-28 anni… alla faccia delle mogli…). Dopo mezz’ora non ci capisco più nulla ma per fortuna inizia la sfilata e posso stare un momento tranquillo.

Prendo il telefono per fare un paio di foto da inviare agli amici: 29 diconsi 29 chiamate perse! E che è successo?

Una di Sophia, una di Luca, i miei figli, una del mio collaboratore di Madrid ed una della mia segretaria. E 25 di Francesca, una ogni cinque minuti circa.

Chiamo con calma i figli, la segretaria che voleva avvisarmi che Carlos mi stava cercando da Madrid ed infine Carlos che mi cercava per dirmi che l’indomani sarebbe stato in ferie…

Smarcate le telefonate, decido di affrontare il problema e di prendere il toro per le corna. Chiamo Francesca: “Ho visto che mi hai cercato. Hai dimenticato qualcosa in macchina?” le dico.
“SEI UNO STRONZO. COME TI PERMETTI DI ATTACCARMI IL TELEFONO? DOVE SEI? DOVE SEI STATO?” mi si rivolge con timbro acuto e perentorio. “Non capisco. Che sta succedendo?” le rispondo con tranquillità.
“Succede che è tutto il giorno che provo a chiamare e tu non rispondi o mi attacchi il telefono. NON LO DEVI FARE PIU’” mi ribadisce.
“Beh, mi spiace. Non credevo ti interessasse molto di quel che faccio…” butto lì con molta acidità. Mi sto prendendo una rivincita. “E poi, scusa, forse che stiamo insieme? Che ti importa di quel che faccio o con chi sto?” le dico.
“Mi interessa eccome. Ecco. Guai a te se me lo rifai!” ribatte. Giuro, non la capisco.
“Mi dispiace per ieri sera, so di aver sbagliato, ma le cose non stanno come tu credi. Sono stata meravigliosamente bene ieri con te. È stato tutto perfetto, ma alla fine sapevo che la serata sarebbe stata uno schifo. Se ci vediamo stasera ti racconto tutto.” mi dice con fare accomodante.
“Stasera non posso, ho già preso un impegno con un’amica, semmai domani” le rispondo un po’ seccamente.
“Come un impegno con un’amica? Chi sarebbe? Dove sei? Ti raggiungo!” con voce gelosa, tono quasi imperioso, ma con un sottofondo innamorato.

Le spiego che sto vicino casa, in un albergo a vedere una sfilata che termina a breve e che sono ospite di quest’amica che la organizza.
“Posso venire anch’io? Mi piacerebbe tanto” …parla da gattina…
Le dò appuntamento da lì ad un paio d’ore e le dico di prendere un tassì che poi la riporterò io a casa.
“Va bene. Allora a più tardi.” E chiude.

Avviso Giovanna del fatto che forse avremmo dovuto cambiare il programma e che ci avrebbe raggiunto da lì a breve un’amica.
“Come un’amica? E chi sarebbe costei?”
“Nulla, un’amica a cui tengo parecchio…” le rispondo.
“In che senso tieni? È la tua amante? Te la sei già scopata? Oppure non te l’ha data e allora mi hai cercato?”. Le donne, quando ci si mettono, sanno essere delle vere bastarde.
“Nel senso che è un’amica che ho conosciuto da poco e che mi interessa parecchio e, no, non me l’ha ancora data e, no, non ti ho cercato perché non me l’ha ancora data!” rispondo debolmente, senza troppa convinzione.
“E da dove viene questa tua amica?” rimarcando con il gesto delle virgolette la parola “amica” e assegnandole un senso denigratorio. Al ché le racconto come è iniziata la storia, di dove fosse, la scampagnata alla Ficoncella, ma omettendo il fatto di essere stato scaricato per un altro.
“Figurati, dal Quarticciolo… sai che bòra?” con quel tono snob da pariolina con la puzza sotto al naso.
“No, in realtà è una piacevolissima signora, molto in gamba, molto bella e molto piacevole. La conoscerai.”
“Vedremo” risponde con tono poco accomodante.

Inizia la sfilata, le modelle indossano capi leggeri, pieni di veli e trasparenze, con spacchi e scollature che poche possono permettersi. Pur non avendo particolare interesse per la moda, non resto insensibile alla bellezza ed in particolare, adoro il vedo/non vedo che trovo particolarmente intrigante.

Dopo una mezz’ora c’è un intervallo durante il quale la gente esce per fumare e per bere qualcosa tra quanto è predisposto sui tavoli fuori della sala. Mi appropinquo anch’io per prendere un bicchiere di prosecco salutando tra i tanti tutti coloro che mi conoscono e di cui io non ricordo minimamente il nome.

Passano un paio di minuti e sento un colpetto sulla spalla, mi giro ed è lei, Francesca, trafelata e sorridente. “Scusa, non trovavo un tassì e mi ha accompagnato mio figlio in moto. Devo andare in bagno a pettinarmi e a rimettermi un po’ a posto. Mi fai strada?” mi chiede.

Sono rimasto basito. Non era la Francesca che avevo visto fino ad oggi. Era una “sophisticated lady”, elegantissima in una tuta pantalone color sabbia, ampia e svolazzante, con profondo scollo che le arrivava in vita, fermato da una cintura gioiello, in un tessuto leggermente trasparente ma non tanto da essere volgare. Ai piedi, un paio di sandali con tacco altissimo, ad evidenziare piedi curatissimi. Uno scialle in tinta buttato sulle spalle a coprire lo scollo all’americana ed una pochette tenuta in mano con molta nonchalance. Mi avvicino per darle un bacio sulla guancia ma lei mi precede sfiorando le mie labbra con le sue. Nell’abbracciarla porto la mano sulla schiena ed apprezzo il fatto che essa è scoperta, assaggiando la sericità della sua pelle nuda.

“Hai fatto presto!” le dico un po’ impacciato e sorpreso.
“Perché, ti ho disturbato? Forse hai di meglio da fare?” mi dice, con tono gentile ma insinuante.
“Ma no, no, nulla da fare. È che ti aspettavo più tardi. Hai fatto una volata” le rispondo.
“Giusto il tempo di mettermi qualcosa addosso mentre chiamavo il tassì” ribatte. “Ma non l’ho trovato così ho chiesto a mio figlio Claudio di accompagnarmi. Lui ha preso la moto ed in quarto d’ora eccomi qui. Solo che ho bisogno di pettinarmi un po’ perché il casco mi ha schiacciato i capelli.”

Immagino la scena, con la sua sciarpa svolazzante ed i sandali a tacco alto sulla moto del figlio che svicola in mezzo al traffico caotico mentre lei gli urla nelle orecchie di andare piano e di stare attento. E nel contempo, immagino con una punta di gelosia gli sguardi allupati che si posano sulla sua schiena nuda e sulle cosce in mostra dagli spacchi laterali degli ampi pantaloni, che noto solo ora mentre la guido verso le toilette.

“Fammi compagnia, non lasciarmi da sola” mi chiede.
“Ma veramente è la toilette delle signore” le dico.
“Ma mi devo solo truccare un momento. Anzi no, approfitto, devo andare un attimo in bagno. Tienimi la borsa, faccio in un momento, devo solo fare pipì” aggiunge con molta naturalezza e con un tono intimo e coinvolgente.
“Però devi aiutarmi, devi slacciare la tuta dal collo.” mi chiede.

Imbarazzato per la situazione, le scosto i capelli e slaccio il gancetto che chiude il cinturino attorno al collo e che trattiene il corpetto della tuta. Senza ritegno, questo cade giù mettendo in mostra il suo seno nudo. E mentre entra nel cubicolo del WC, si abbassa anche i pantaloni evidenziando l’assenza di qualsiasi altro indumento. “Wow!” me ne esco a mezza bocca, sorpreso e ammirato.

“Non avevo slip del colore giusto, solo bianchi o neri e non mi andava si vedessero in trasparenza, e ho deciso che era meglio non mettere nulla. Perché, sto male? Si vede qualcosa?” mi chiede mentre si siede sulla tazza senza nemmeno aver accostato la porta.
“Beh, adesso si vede tutto, non che non ne sia felice, sia chiaro!” butto lì a mo’ di complimento.
“E comunque no, non si vede nulla e stai benissimo. Complimenti”.

Sento rumori fuori della porta di ingresso e accosto la porta del cubicolo mettendomi all’angolo per far capire che sono in attesa. In quel momento entra Giovanna che mi stava cercando.

“Mi hanno detto che eri qui in compagnia di una bella signora” insinua. “Problemi?”
“No, nessun problema. Ho accompagnato Francesca alla toilette che aveva bisogno di aiuto. Anzi, visto che ci sei tu, io esco, aiutala tu per cortesia” le dico, e continuo “Francesca, qui fuori c’è Giovanna e ti aiuta lei a richiudere la tuta, se serve. Io sto qui fuori dal bagno nell’androne.” ed esco senza attendere risposta.

Devo raccogliere le idee. Francesca è arrivata come un tornado ed ha spazzato via in un amen tutte le mie certezze ed il mio risentimento verso di lei. Non solo, mi ha lasciato letteralmente senza parole per il suo look e la sua apparente familiarità nei miei confronti. Cosa vuole da me? Credevo avesse un altro e che non volesse ulteriori pensieri. Pensavo che avesse fatto una scelta pentendosi di avermi frequentato un po’.

Però, il fatto che mi avesse cercato con tanta insistenza e la scenata di gelosia per telefono mi avevano fatto riflettere a lungo. Alla fine, le domande erano: che cosa mi aspettavo da Francesca? E soprattutto, cosa provavo per lei?

Alla prima non avevo coraggio di rispondere. Alla seconda, replicava violentemente il mio corpo, vittima dei feromoni emanati da questa creatura pazzesca. Evidentemente il mio corpo voleva ardentemente questa persona e lo starle vicino mi induceva un’eccitazione tremenda, sentivo il cuore battere forte, il sangue scorrere nelle vene assieme a violente scariche di adrenalina, il tutto accompagnato da una pulsione al basso ventre che prometteva erezioni potenti, se non mi calmavo.

Mentre pensavo a tutto questo, dalla porta escono Francesca e Giovanna, apparentemente in piacevole conversazione.

“Mi avevi parlato di Francesca, ma non mi avevi detto di quanto fosse bella e così naturalmente elegante!” mi dice Giovanna mentre prende sottobraccio la mia amica.
“Anche tu, Giovanna, sei una bellissima donna. E ti dirò, sono molto invidiosa del fatto che si vede che tra voi c’è molta intimità” replica Francesca ammiccando con l’occhio.
“Eh, Paolo è stata un’occasione persa, ahimè. L’ho conosciuto troppo tardi, altrimenti non si sarebbe sposato la sua ex” butta lì, ricordandomi quando c’eravamo conosciuti appena dopo essermi fidanzato con la mia ex moglie Francesca, sua intima amica. Rammento le battute e le scenate di gelosia da parte di Francesca perché mi ero permesso di fare il galante con Giovanna in sua presenza, e che ci fu un raffreddamento della frequentazione proprio a causa di questo piccolo battibecco.

“Beh, ora è libero, no? Intendo, è diventato terreno di caccia libera” butta lì, intendendo evidentemente segnalare che non voleva facilitare in alcun modo la concorrenza.
Ahi! In un attimo ho visto due donne misurarsi, tirare fuori gli artigli entrambe e l’una soccombere immediatamente alla nuova alfa. A sottolineare ciò, Francesca mi prende sottobraccio e si stringe a me segnalando che io ero di sua proprietà. Punto.

Cerco di smorzare la tensione prendendo con l’altro braccio Giovanna e conducendole entrambe verso la sala. “Andiamo, lo spettacolo sta per ricominciare e dobbiamo entrare” dico ad entrambe cercando di assumere il controllo momentaneo della situazione.

Entriamo nel locale della sfilata, Francesca ed io prendiamo posto in seconda fila nei posti a noi riservati e assistiamo allo spettacolo che per me, onestamente, aveva perso qualsiasi interesse preso com’ero a pensare a quanto stava accadendo.

Al termine della manifestazione ci ritroviamo nel fumoir mentre attendo che si unisca a noi Giovanna.

Solo due minuti e compare con un comune amico e ci dice: “Allora, abbiamo una prenotazione qui vicino. Dobbiamo chiamare per far aggiungere un posto per Francesca, sperando che abbia ancora disponibilità”.
“Alla peggio ci stringiamo un po’, dai, oppure cerchiamo un altro posto. No?” affermo speranzoso di stemperare un evidente attacco di gelosia.
“Vedremo. Certo che potevi avvisare prima, no?” mi rinfaccia con tono secco mentre scocca un’occhiata assassina a Francesca la quale risponde con altrettanta secchezza “Beh, se ci fosse un problema, possiamo sempre andare da un’altra parte noi due, no?” e mi guarda con occhio intrigante e foriero di promesse.
“Dai, non credo sia un problema. Dammi il numero che chiamo io” dico accomodante cercando di riprendere in mano la situazione che stava per uscire di controllo.
“Cercalo tu, io ora ho da fare” risponde sorridente ma abbastanza fredda. Si vede che nel frattempo ha maturato un risentimento verso di noi.
“Va bene, ora lo faccio. Fra, accompagnami fuori che c’è meno casino” mi rivolgo a Francesca prendendola sotto braccio e accompagnandola verso l’uscita.
“Sai che c’è? Fanculo il ristorante, Giovanna e tutti gli altri. Andiamo da me, ti preparo una cenetta coi fiocchi, se ti va. Devo solo passare un attimo al supermercato per prendere qualcosa di fresco. Cosa preferisci, carne o pesce?” le chiedo.
“Ma dai, quel che vuoi. Mi va benissimo un’insalata!” mi risponde, accettando l’invito.
“Vada per l’insalata, allora!” le rispondo.

Arriviamo a piedi al supermercato, sono solo quattro passi. Prendo due buste d’insalata, una busta di uvetta, una scatola di ananas e delle noci sgusciate, poi mi fermo al bancone della carne e chiedo al macellaio di prepararmi mezzo chilo di corona di fassona macinato almeno tre volte. Metto nel carrello anche una scatola di uova, aceto balsamico, olio di semi, limoni e una bottiglia di Rosso di Montefalco.

Francesca mi guarda con aria interrogativa ma le dico di aspettare e vedere, e le chiedo: “Ti piace la carne? E la maionese? Sei allergica a qualcosa?” al che mi risponde che è allergica solo al lattosio e intollerante al glutine. Non ho preso né latte, né burro né pane o pasta per cui sto tranquillo. Non avrà crisi alimentari a causa mia, almeno stasera.

Scritto da:

Mi piace raccontare di me e delle mie storie, anche del lato erotico che le ha pervase. Ma racconto anche della mia vita, dei miei amori, delle mie passioni, dei miei dolori.

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