Chiara sperimenta la sindrome del foglio bianco

I raggi del sole pomeridiano che filtravano attraverso le tende leggere e ricamate della finestra della camera di Chiara accarezzavano la ragazza seduta alla scrivania. La testa era inclinata a destra, appoggiata su una mano; la ragazza sembrava intenta a trovare l’illuminazione nello schermo del tablet, sul quale compariva ormai da dieci minuti buoni Wordpad nel quale, però, era aperto un file completamente vuoto e solo la barretta lampeggiante disturbava la totale fissità dell’immagine.
La ragazza immaginò fosse quella che la sua insegnante di italiano chiamava “sindrome da foglio bianco”: l’aveva provata un paio di volte o tre in passato, in occasioni di compiti in classe, ma riusciva comunque, in pochi minuti, a trovare qualcosa da scrivere seguendo il tema richiesto. Ma “scrivi un racconto erotico”, come se Beatrice fosse stata una sua professoressa che le aveva proposto una sfida da completare entro qualche giorno? No: quello era troppo… fumoso. Era un argomento che abbracciava troppe possibilità, talmente tante che nella sua mente si comportavano come una folla impazzita i cui componenti sembrava volessero raggiungere per primi la pagina virtuale sullo schermo, come se ne andasse della loro salvezza.
Ma come erano troppe le idee, al tempo stesso, a Chiara sembravano di una banalità imbarazzante, due protagonisti privi di qualsiasi personalità che scopavano per motivi fin troppo banali, un uccello in una passera, un po’ di spinte, qualche cucchiaiata di fluidi corporei che colava, concludendosi in un paio di sciapi orgasmi, il tutto supportato da una trama piatta e insulsa.
La ragazza si appoggiò allo schienale della sedia, stringendosi le braccia al piccolo seno, sbuffando. Più che un racconto erotico, anche senza vederlo scritto, sapeva che sarebbe sembrato un esercizio di battitura con qualche volgarità ed una descrizione pietosa di due che si fottono. Al confronto del suo, il ridicolo racconto di Helga sarebbe sembrato “Twilight”, per non parlare di quello di Anna…
«Che palle…» mormorò. «Odio scrivere. Sono una disegnatrice, non una scrittrice».
Fissò di nuovo lo schermo del tablet su cui il programma di videoscrittura sembrava annoiarsi in attesa che il file aperto perdesse la propria verginità anche per mezzo di qualche pessimo periodo scritto a più riprese, una descrizione degna da scuole elementari, letargica azione raccontata con verbi coniugati con fantasia, dialoghi che non portavano a nessun avanzamento nella trama. La barretta sembrava lampeggiare con la cadenza di una risata derisoria indirizzata all’incapacità di Chiara di buttare giù la storia di una scopata di venti righe. Quel rettangolo bianco e vuoto in mezzo allo schermo azzurro stava iniziando a farle insorgere un attacco di agorafobia…
La ragazza perse la pazienza. Prese la tastiera wireless compatta e la spostò da una parte, si allungò verso lo schermo e premette la crocetta in alto a destra e chiuse Wordpad, trovandovi al suo posto il desktop rallegrato da un suo vecchio disegno con lei, Marco e i suoi genitori che le sorridevano felici.
Chiara si rabbuiò, innervosita. Come avrebbe potuto scrivere un racconto avvincente, bello, erotico al punto tale da vedere Beatrice che si sgrillettava eccitata per la scopata che stava narrando? Beatrice che godeva per il suo racconto sarebbe stata una gran soddisfazione, riconobbe.
Certo, se solo avesse potuto disegnarlo… Con la sua bravura le sarebbe stato facile esprimere ciò che con le parole scritte sembrava oltre le sue capacità: ovvio che una buona immagine realizzata al computer avrebbe richiesto molto più tempo che battere l’equivalente con una tastiera, ma che importava?
La risma di fogli bianchi per la stampante sulla scrivania sembrava attirare la sua attenzione come una calamita e l’astuccio con gli strumenti per il disegno a mano libera accanto pareva fosse stato collocato lì apposta per quel momento, come a tirarle gola, l’equivalente di un dolce in un momento di fame.
Il foglio frusciò mentre abbandonava la compagnia dei suoi fratelli e la zip dell’astuccio si aprì senza opporre la minima resistenza. In pochi istanti, nonostante Chiara avesse promesso a sé stessa che avrebbe dedicato quel pomeriggio alla stesura di un racconto erotico, si trovò, quasi contro la propria volontà, una matita dalla mina blu in mano e, come guidata da una forza esterna, cominciò a tratteggiare cerchi e linee, cancellare quello che le sembrava sbagliato e ridisegnando particolari.
No, lo sapeva bene: quella che ne sarebbe risultata non sarebbe stata una di quelle immagini erotiche che sembravano uscite da un porno, con lui che la possedeva in posizioni del Kamasutra che solo un insegnante di yoga avrebbe potuto eseguire, lei con le gambe aperte che strillava il suo piacere come se stesse soffrendo.
Mentre la punta della matita correva sulla superficie rugosa della carta con una sicurezza che anni di pratica avevano infuso nel braccio della ragazza quando si doveva tratteggiare, Chiara vedeva il disegno prendere forma. Sì, sarebbe stato banale come un qualsiasi racconto che le vagava per la mente: un uomo sdraiato sulla schiena che tiene per i fianchi una donna che lo sta cavalcando. Lui alto e muscoloso, lei con i capelli lunghi ed un seno non troppo sviluppato… una seconda.
Sapeva che non era su un disegno che avrebbe dovuto passare il pomeriggio ma non riusciva a smettere. Le piaceva disegnare, era la sua droga. Si sentiva realizzata solo quando su un foglio di carta o schermo di un computer vedeva comparire ciò che fino ad un istante prima esisteva solo nella sua mente. E quella tensione sessuale che le gravava sull’anima da quella mattina, quando aveva leccato il gelato fingendo fosse ciò che si trovava tra le gambe di suo fratello, aveva bisogno di essere scaricata in qualche modo.
Soddisfatta dallo schizzo iniziale, la matita dalla mina blu ruotò diverse volte tra le sue dita come la moneta di un prestigiatore e tornò nell’astuccio. Quando Chiara vi tolse la mano, stringeva tra i polpastrelli una matita portamine B2: anche questa iniziò a scorrere sulla carta, ripassando le linee lasciate un attimo prima. Fu come se ciò portasse allo stato materiale delle idee che fino a quel momento erano state solo fantasmi.
La matita accarezzava il corpo della ragazza, il suo seno, il suo addome e i suoi fianchi. Si staccò un attimo per tornare sulle poppe e donarvi i capezzoli e le aureole, delle stesse dimensioni di quelle che Chiara celava sotto la maglietta che indossava. Le gambe vennero lunghe e affusolate, quelle di una diciottenne che correva spesso. Il collo sembrava allungarsi verso il cielo e la testa era leggermente inclinata all’indietro; gli occhi erano socchiusi e la bocca aperta ma non spalancata, come a lasciar sfuggire un gemito di piacere dalle labbra.
Sull’inguine, il sesso era dilatato dal pene introdotto al suo interno e, unica licenza artistica che la ragazza si concesse, aggiunse un triangolino di pelo all’altezza del monte di Venere in quanto era completamente glabra grazie alla ceretta.
Per suo fratello si prese qualche libertà nel tratteggiare i muscoli, forse un po’ troppo grossi rispetto alla realtà, e così il suo uccello, davvero enorme, per quanto non lo avesse mai visto. Non ebbe problemi a disegnare il volto di Marco senza errori: non era la prima volta che lo faceva, e lo contemplava così spesso che avrebbe potuto fargli un ritratto anche ad occhi chiusi. Nel disegno, suo fratello non stava godendo fisicamente come lei, ma sul suo viso impresse la soddisfazione di donarle un orgasmo.
Chiara appoggiò la matita sulla scrivania, il lieve rintocco della plastica sul legno che inconsciamente riconosceva ormai come una sorte di colpo di campanello che attestava il termine del lavoro a mano. Contemplò l’immagine ancora a livello embrionale, e nonostante fosse solo una serie di righe grigie su altre blu, già vi poteva scorgere tonalità, sfumature, chiaroscuri e riflessi una volta colorata al computer. Non sarebbe stato il suo capolavoro, ma già sentiva dentro di sé che sarebbe stato il disegno che avrebbe più amato nella sua vita.
E più guardava quelle evoluzioni di grafite sulla carta, più sentiva una pesante eccitazione crescere dentro di sé, il desiderio di quella mattina passare da piacevole prurito nell’inguine a soffocante oppressione nel petto. Chiara si strinse le labbra, intenzionata nel trattenersi, serrandosi le gambe come se questo potesse scoraggiarla, ma il bisogno di soddisfare il desiderio divenne fisico come poteva esserlo la fame, la sete o il sonno. L’aria divenne pesante nel sentore fruttato del suo sesso che si stava bagnando.
Sconfitta dal proprio corpo, la ragazza non poté fare altro che far scivolare una mano nelle proprie mutandine e muovere le dita sui petali del suo bocciolo di rosa, trafitta da scariche di doloroso piacere. La cosa non richiese molto, fu come soddisfare la fame con un tramezzino fatto con due fette di pancarrè e prosciutto cotto freddo di frigorifero annaffiato da un bicchiere di acqua tiepida, e il piacere si risolse esclusivamente nel calo del desiderio a livelli meno dolenti. Non ebbe un orgasmo come quello che aveva impresso sulla carta, e il tutto si concluse con un profondo sospiro ed un paio di dita bagnate di trasudo accompagnati da un leggero aumento della frequenza cardiaca.
Sentì svuotarsi sulla sedia, godendosi quel ritorno al normale torpore sessuale, attendendo qualche attimo prima di prendere quel disegno e stracciarlo. Non voleva di certo che sua madre, mentre puliva la camera, trovasse un disegno erotico, riconoscendo i personaggi intenti nell’atto del sesso. O, peggio ancora, vi mettesse sopra le mani suo fratello. Lo afferrò, pronta a farlo a pezzi non più grandi dei francobolli, metterlo in un foglio chiuso a busta, nascondere tutto in una tasca e gettarlo in un cestino pubblico il giorno dopo, prima della corsa mattutina nel parchetto.
Ma guardandolo, un po’ le dispiacque: ci aveva lavorato una buona ora, e le sarebbe piaciuto colorarlo per davvero, dandogli, per modo di dire, la vita che meritava. Poi, magari, si sarebbe iscritta con un alias ad uno di quei siti dove si pubblicano disegni erotici per scoprire cosa ne pensassero gli altri utenti. L’idea la fece sorridere. Magari avrebbe potuto essere il primo di una serie, in cui lei e Marco facevano sesso in modo sempre più eccitante, spettacolare, perverso…
Alzò lo sportello dello scanner della multifunzione sull’angolo della scrivania, avviò sul tablet il programma di grafica e, un attimo dopo aver messo il foglio sul vetro dell’apparecchio, l’embrione del disegno di lei che cavalcava con soddisfazione suo fratello apparve sullo schermo.
Dovette combattere contro sé stessa per non afferrare il pennino e iniziare a lavorare di layer, brush e movimenti sinuosi del polso per colorare l’immagine. Invece salvò il file dell’immagine scansionata sul cloud e chiuse il programma di disegno. Lanciò quello della videochat e, mentre si stabiliva il collegamento internet, la ragazza si premurò di distruggere ogni prova tangibile del disegno che rappresentava il suo desiderio incestuoso, nascondendo tutto in un foglio di carta preso dalla risma e chiuso con un paio di tratti di nastro adesivo.
La riunione virtuale era già cominciata quando sullo schermo apparvero le altre cinque ragazze. Chiara si mise in tasca l’involto mentre salutava, chiedendo perdono per il suo ritardo.
«Oh, ti aspettavamo, Chiara!» le diede il benvenuto Beatrice, sorridendole.
«Ciao, Chiara!» esclamò Cecilia. Era ancora nel giardino a trasmettere e, agghindata con dei fiori nei capelli castani che doveva aver raccolto poco prima, era talmente gioiosa che Chiara non si era mai accorta quanto potesse essere stupenda quella ragazza quando abbandonava il suo atteggiamento timido e sottomesso: con una punta di dolore nel cuore, comprese perché suo fratello ne fosse innamorato.
Helga e Anna non dissero una parola, ma dallo sguardo duro e stizzito fu facile comprendere che la comparsa online della bionda fu per loro un fastidio. Arianna non fu da meno nel dimostrarsi stizzita: «Stavo iniziando il mio racconto» le rinfacciò con un’alterigia spropositata, nemmeno l’avesse interrotta durante il discorso per l’insediamento ad una carica politica di rilievo.
«Chiedo perdono…» ribatté Chiara.
«Dai, riprendi dall’inizio, Arianna» la incitò Anna. «Voglio proprio sentire la tua storia. Sembra avvincente e… sexy. Sono sicura che hai vissuto delle esperienze sessuali… spettacolari e…»
Chiara vide Beatrice alzare gli occhi al cielo. «Oh, Anna, dacci un taglio, per favore. Sai dove abita…» disse, lasciandole intendere cosa avrebbero potuto fare una volta che si fossero incontrate in un luogo appartato.
L’espressione di avversione si riaffacciò tra i lineamenti della futura scrittrice. Probabilmente, si disse Chiara, divertita all’idea, non aveva ancora digerito quanto era accaduto durante la loro rimbeccata riguardo agli odori corporei.
Comunque, Anna, dopo aver scoccato un’occhiataccia nella webcam, probabilmente indirizzata a Beatrice, riprese con meno passione: «Su, Arianna, continua. Stavi dicendo che un paio di mesi fa Cinzia ti aveva telefonato e…»
La ragazza chiamata in causa si sedette meglio davanti al computer, avvicinando la bocca dalle labbra color corallo al microfono bianco e sottile da pochi euro. «Sì» disse, riprendendo a raccontare dall’inizio. «Beh, come dicevo: un paio di mesi fa mi aveva suonato lo smartphone mentre stavo tornando a casa da scuola. L’avevo preso dalla tasca e, con mia sorpresa, a chiamarmi era stata Cinzia. A molte di voi aveva chiamato già prima per, beh… lo sapete anche voi come faceva».
Chiara aveva ricevuto la sua “chiamata” il febbraio precedente, in occasione della quale Cinzia aveva convinto la ragazza ad andare al supermercato con lei per istruirla nell’arte di rimorchiare gli uomini. In realtà, la sua autonominatasi insegnante di seduzione non aveva fatto altro che mostrare quelle due bocce sovradimensionate che sembravano strappare a metà la maglia che indossava e a comportarsi come una zoccola, proponendo sesso a chiunque l’aggradasse. Chiara ne era stata disgustata, decidendo che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe passato un solo istante con quella squallida ragazza. In realtà, ebbe la soddisfazione di vederla aspramente redarguita dal collega di suo fratello quando si erano fermate al fast food dove lavorava Marco e aveva mangiato la piadina con quell’eccellente salsina che non era più riuscita a trovare e che suo fratello sembrava in imbarazzo quando lei ne accennava.
Quando tornò al presente, la ragazza si rese conto che Arianna non aveva sospeso il suo racconto, ma sembrava non si fosse persa nulla di importante nella trama. «…campanello di casa sua. Cinzia era venuta ad aprire un istante dopo. Beh, non potete immaginare la mia meraviglia quando me l’ero trovata davanti completamente nuda». La ragazza non poté trattenere l’incurvarsi verso l’alto dell’angolo sinistro delle labbra e l’abbassarsi di un’ottava della voce, mettendosi seduta meglio sulla sedia. «Cinzia… Cinzia è una gran stronza e puttana ma ha un corpo… figa, che corpo… Le foto che pubblica su Instagram non lasciano molto lavoro all’immaginazione, sono sicuro le abbiate viste anche voi».
“Ma dal vivo è ancora più figa. Porca puttana, mi viene da piangere a pensarci quando mi si era presentata davanti. Aveva aperto la porta come se nessuno potesse vedere la sua mona dalla strada e mi aveva guardata aspettando che mi muovessi. Ma io ero rimasta imbambolata davanti a tutta quella bellezza. Perché va ammesso: ha un paio di bocce grandi quanto dei meloni, e il culo non è tanto più piccolo. Dovrebbe fare la fitness influencer, quella puttana.
“Mi aveva fissata per un momento con quei suoi bellissimi occhi neri, profondi, poi aveva sbottato: ‘Vuoi restare sulla porta, troietta, o ti decidi ad entrare, che mi sta gelando la mona!’, poi si era girata ed era rientrata nella casa. Se davanti è bella, quella puttana dietro è uno spettacolo. Vedere quel culo mi ha fatto rimpiangere per la prima volta nella vita di non avere una nerchia in mezzo alle gambe, spingerla contro un muro e strappare un orgasmo dalle sue chiappe muscolose.
“Beh, avevo cominciato a seguirla ed ero entrata in casa anch’io. E lì avevo trovato davvero una nerchia in tiro, e attaccato ad essa un ragazzo che doveva avere un paio di anni in più di Cinzia, cinque forse in più di me. Mi aveva guardata nudo anche lui mentre si stava segando lentamente per restare in tiro. Non avevo potuto evitare di fissare la sua mazza, perché sembrava davvero una di quelle che si vedono negli anime hentai: sarà stata lunga venticinque centimetri come minimo, tanto larga che il ragazzo non riusciva a stringerla con una mano. La punta era grossa, carnosa da fare schifo, si poteva vedere tutta quella strana forma che hanno le cappelle… Mi stava venendo il vomito…
“‘Questa troietta è Arianna mi aveva presentato Cinzia indicandomi con un cenno della testa, ‘lui invece è…» Arianna si interruppe di colpo, gli occhi che guardarono per un istante alla propria sinistra «’…Nicola. È qui per scoparci’. Nicola mi aveva sorriso, lascivo.
“Io mi ero bloccata, sconcertata. Beh… nessuna di voi si è fatta scopare da un suo amico, che mi risulti; invece, Cinzia voleva che mi facessi sbattere da quello lì. Beh, era un bel ragazzo, alto, muscoloso, con un paio di tatuaggi sulle spalle e i pettorali. Poteva anche piacere a voi, ma io sono lesbica e quella nerchia mi faceva schifo solo a vederla, e da come mi guardava lui sembrava dovesse mettermela in ogni buco.
“’No, Cinzia, io non voglio…’ avevo protestato, ma lei sembrava fosse convinta della sua idea. Mi si era avvicinata, aveva appoggiato le labbra alle mia mettendomi una mano dietro la testa e cominciato a baciarmi. Beh… bacia bene la puttana. Avevo sentito la lingua scivolare nella mia bocca e le sue bocce contro le mie. Avevo cominciato a eccitarmi e la mia mona si stava bagnando. Figa, avrei voluto essere la puttana di Cinzia, fare un cazzo a tre falangi nella sua mona, leccare la sua ambrosia, stringere le sue tette… Ma il tipo dietro non lo volevo affatto dentro di me.
“Ma Matteo non era…»
«Non si chiamava Nicola?» domandò Beatrice, incapace di nascondere il proprio divertimento.
Arianna sembrò presa per un istante dal panico. «Sì: Nicola! Nicola. Io… beh…»
«Non interromperla, idiota!» sbottò Anna, inalberandosi improvvisamente. «Scommetto che ti sei fatta chiavare anche da questo!»
Beatrice sorrise, beffarda. «Guarda, socia, mi stavo domandando proprio se nessuno dei Nicola che mi sono scopata avesse i tatuaggi perché la descrizione del picio mi lascia troppi candidati».
Chiara, Arianna e Cecilia non riuscirono a trattenere una risata che zittì Anna.
Un istante dopo la storia riprese. «Dov’ero arrivata? Ah, sì… Beh, come stavo dicendo, Cinzia voleva convincermi a fare sesso con loro perché era intenzionata a fare uno dei suoi streaming ma a tre invece che a due: io e Nicola dovevamo farla godere e lei avrebbe guadagnato con lo show.
“Comunque, mentre Cinzia mi stava limonando, Nicola aveva intenzione di trastullarsi con una donna e all’improvviso lo aveva dichiarato: ‘Fate come volete, ma io voglio scopare,’ e lo aveva detto dietro a Cinzia. Io avevo la visuale bloccata e non lo avevo visto arrivare, ma ad un certo punto avevo sentito le sue mani insinuarsi tra le mie tette e quelle di Cinzia, poi la testa della puttana era scattata all’indietro e si era messa ad urlare di dolore. Io avevo fatto un balzo allontanandomi, spaventata. Avevo pensato, non so perché, che lui l’avesse accoltellata nella schiena e…»
Chiara si accorse di aver trattenuto il fiato, e solo con uno sforzo di volontà aveva abbandonato la scena raccontata da Arianna e ricreata dalla sua fervida immaginazione, perfettamente a colori, con ogni singolo particolare a fuoco, per costringere la sua coscienza a controllare cosa stesse succedendo sullo schermo: ogni ragazza in ascolto sembrava catturata come lei dalla storia pessimamente narrata.
«…e, invece, avevo visto apparire la testa di Nicola sorridere a fianco della faccia sconvolta dal dolore della puttana, le mani che stringevano le grosse bocce. Solo in quel momento ho capito cosa fosse successo.
“’Parla un po’ troppo, la puttana’ aveva detto, facendomi l’occhiolino e dando un nuovo colpo di inguine. Cinzia aveva preso fiato, ma subito aveva urlato quando la mazza le era di nuovo finita in profondità nel culo.
“Io ero rimasta basita davanti a quello spettacolo. Avrei dovuto essere terrorizzata, ma vedere la puttana sfondata nel culo… Mi sarei voluta sedere per terra per assistere meglio alla scena e ditalinarmi. Ma avevo paura che poi sarebbero state le mie chiappe ad essere sfondate da quel mostro…
“E invece, Matt… Ehm… Nicola! Nicola… Nicola mi aveva sorriso di nuovo e si era fermato con la nerchia infilata in profondità nel culo della puttana, Cinzia che sembrava fosse il fermo immagine di un urlo, con gli occhi spalancati e le mani che cercavano di artigliare le cosce del ragazzo. ‘Ma a te piace il cazzo o la mona?’ mi aveva chiesto.
“Io tremavo come una foglia sotto il suo sguardo. ‘La… la mona…’, avevo risposto. Lui, sogghignando, aveva detto: ‘La mona? Ah, mi piacciono i tuoi gusti’, poi si è rivolto a Cinzia, parlandone accanto ad un orecchio. Aveva il bel viso sconvolto, gli occhi rossi e le lacrime le scendevano sulle gote. Aveva stretto i denti e singhiozzava.
“’Che razza di ospite sei che inviti le tue amiche lesbiche per farle scopare da un cazzo?’
“Cinzia non aveva risposto, ma questo aveva fatto infuriare il ragazzo che le aveva dato un altro colpo strappandole un grido.
“’Adesso ci penso io a tutte e due’ aveva detto e, senza uscire dal culo di Cinzia, l’aveva spinta sul divano e fatta sdraiare di pancia. ‘Arianna, spogliati e mettiti sulla sua faccia’ aveva detto, per poi rivolgersi a Cinzia. ‘Se fai la brava puttanella e la lecchi alla tua nuova padrona, io esco dal tuo culo e mi limito a scoparti in mona.
“Cinzia aveva annuito, felice che fosse finito quel supplizio. La mostruosa nerchia era scivolata fuori dal buco del culo di Cinzia, poi il ragazzo l’aveva voltata sulla schiena come un bacarozzo e le era entrata in mona. La faccia di Cinzia mi era apparsa congestionata dal pianto, bagnata dalle lacrime, sporca di rimmel sciolto. Era diventata davvero il pagliaccio che era sempre stata.
“Io, intanto, mi ero spogliata. Il tipo aveva continuato a sembrarmi poco raccomandabile, ma fare sesso con Cinzia… beh, non me lo sarei fatto ripetere due volte. Mentre si stava trastullando con la mona, spingendo con voga, infilando la sua orribile mazza fino a metà, aprendo le labbra di Cinzia come se vi avesse infilato un pugno, mi aveva invitata a godermi la sua faccia. Mi ero accostata al divano.
“Cinzia sembrava stesse ancora soffrendo per l’assalto al suo buco del culo, e respirava con fatica ogni volta che Nicola le aveva dato un colpo. Beh, ammetto che un po’ di pena mi stava facendo, e mi aveva guardata con odio, lasciandomi capire che non avrei dovuto sedermi sulla sua faccia o me le avrebbe fatte vedere brutte.
“Nonostante quello sguardo, e per non fare incazzare il tipo che poi magari avrebbe messo quella nerchia anche dentro di me, avevo sollevato una gamba e mi ero adagiata sulla faccia di Cinzia».
Un gemito collettivo di sorpresa e di eccitazione risuonò nelle cuffie di Chiara. Dovette ammettere che anche lei, nel sentire quella storia, percepiva le mutandine inumidirsi. Non sapeva se fosse dovuto all’idea del cazzone che violava Cinzia o di farsi leccare la passera da quella puttana.
Arianna aveva cominciato a sfruttare una voce più profonda quando ripeteva le parole del ragazzo: «‘Adesso, puttana, vedi di leccargliela bene alla ragazza. È così bella che si merita solo tanto amore e piacere’ aveva detto Nicola, poi aveva tolto le mani dalle bocce di Cinzia che aveva palpeggiato fino a quel momento, e mi aveva detto: ‘Dai, prova a vedere come sono piacevoli da toccare.’
“Avevo guardato quelle grosse poppe invitanti: le impronte delle dita di Nicola stavano spiccando rosse sulla pelle chiara di Cinzia. Mi davano l’impressione che avessero passato un gran brutto quarto d’ora, ma non mi importava affatto: desideravo stringerle da quando avevo posato lo sguardo sul seno della stronza la prima volta, quasi un anno prima.
“Non posso descrivere la sensazione che mi aveva dato strizzarle» confidò Arianna, decisamente eccitata al pensiero, come poteva testimoniare il rossore che le era salito al viso ed il fiato resosi più corto. «Avevo… beh, avevo cominciato a bagnarmi ancora di più e a colare in faccia a Cinzia, che si era messa a lagnarsi.
“’Inizia a leccargliela, puttana!’ le aveva imposto il ragazzo, dandole un colpo sulla tetta sinistra, strappandole un gemito di dolore. ‘Non mi ci vuole molto a rimettertelo nel buco del culo.’
“A quelle parole, avevo percepito le labbra di Cinzia socchiudersi e la sua lingua scivolare nella mia mona. Mi ero ritrovata con gli occhi chiusi, fremendo per la sensazione. Non era stata certo la prima volta che una ragazza me la leccava, ma avere quella puttana di Cinzia sottomessa e costretta a darmi piacere… beh…
“Mi sono abbandonata a quella sensazione, appoggiandomi sulle bocce di Cinzia e godendomi la sua lingua. La stronza lecca bene, tra l’altro. Non l’avrei mai detto, ma muoveva la lingua con sapienza, scivolando tra le labbra della mia fica, separandole con dolcezza e succhiandole di tanto in tanto. Mi sono messa un po’ più comoda… più comoda per me, non per lei, perché così la punta del suo naso si era trovata a penetrare dentro il mio utero per qualche centimetro. Lei aveva ripreso a mugugnare mentre la mia ambrosia colava lungo il dorso nel naso, finendole negli occhi, e, respirando, le si infilava nelle narici».
Chiara guardò sullo schermo Arianna ormai eccitata al suo stesso racconto: gli occhi erano lucidi e la voce era calata di tono al punto tale da sembrare quasi quella di un uomo. La ragazza si aspettava iniziasse a sgrillettarsi. Cosa che almeno Beatrice e Anna, avrebbe scommesso da come apparivano sedute e dall’espressione dei loro volti, stessero facendo, sebbene con più disinvoltura e occultandolo meglio di come era stato eseguito la volta precedente.
La ragazza dovette ammettere che, per quanto la storia palesemente inventata da Arianna apparisse più inverosimile di Harry Potter, anche lei sentiva crescere un calore nel suo inguine, ed un desiderio di soddisfarlo che la stava facendo impazzire. Al tempo stesso, però, un doloroso peso gravava sul suo petto: voleva scoprire come fosse percepire una lingua, maschile o femminile era indifferente, amare la sua passera, scivolando in ogni pertugio, adorando il sapore del suo sesso, fino a farla godere…
Il senso di eccitazione scomparve, schiacciato dal macigno di sofferenza.
«Non so quanto sono rimasta così, seduta sulla faccia di quella stronza, a farmela leccare. In più, ogni colpo che veniva inferto da Nicola nella mona di Cinzia» continuò Arianna, un po’ ripresasi dall’eccitazione «e piantava delle botte che sembrava volesse uscirle dal culo, faceva muovere tutto il corpo della stronza di qualche centimetro avanti, al punto tale che ogni tanto doveva prenderla per i fianchi o le avrebbe piantato la testa nel bracciolo del divano. Comunque, ogni sua spinta si riverberava nella mia mona, e la cosa mi dava sensazioni strane ma piacevoli. Adesso che ci penso, è come se Nicola mi stesse scopando usando il corpo di Cinzia…
“Alla fine, comunque, ero venuta in faccia a Cinzia. Le avevo stretto le tette fino a sprimacciarle come un cuscino, e una gran quantità di ambrosia era colata dalla mia figa su di lei. L’avevo sentita piagnucolare disgustata mentre le lavavo il viso, anche perché il tipo le aveva piantato tutta la nerchia dentro, si era sporto in avanti, mi aveva appoggiato una mano sulla nuca e avvicinato a lui. A quel punto mi aveva baciato. Ho sempre avuto schifo all’idea di farmi baciare da un uomo, ma Nicola, nonostante abbia l’aspetto di un criminale e stesse violentando Cinzia, sa baciare davvero bene: mi è proprio piaciuto. In effetti, non avevo detto nulla nemmeno quando, dopo, mi aveva accarezzato e sollevato le tette. ‘Sono davvero belle’ mi aveva detto mentre le saggiava con le mani.
“’Grazie’ gli avevo risposto, godendomi le sue manone palparmi. Per un istante, avevo pensato che non mi sarebbe affatto dispiaciuto se, mentre fotteva la puttana, un paio di sue dita fossero scivolate nella mia mona e mi avesse sgrillettata sopra la faccia di Cinzia. Il pensiero di squirtarle in faccia, come una specie di ulteriore umiliazione, mi aveva eccitata ulteriormente, ma non avevo detto nulla di questo, quanto, piuttosto: ‘adesso dovrò andare.’
“Lui mi aveva sorriso. ‘Quando vuoi ancora trastullarti con questa troia…’
“Io mi ero alzata dalla faccia della stronza. Era coperta di ambrosia, disgustata e sofferente. L’avrei leccata, non fosse stata che era la mia bava di mona. Nicola non si fece problemi e, afferrando le bocce di Cinzia, si era abbassato e le aveva dato un paio di leccate in faccia. Dal grugnito che aveva emesso avevo compreso che gli era piaciuto.
“’Beh, visto che ci sei già venuta tu…” aveva detto mentre mi stavo rimettendo velocemente le mutandine, in equilibrio su una gamba, appoggiata con una spalla ad un muro. Si era sfilato la lunga mazza dalla mona, bagnata di ambrosia di Cinzia, si era portato sul petto della stronza e aveva afferrato a due mani la nerchia, poi aveva cominciato a menarsela.
“Non ero capace di distogliere lo sguardo dal suo lavoro. Nonostante lo schifo che mi farebbe toccare un cazzo, avrei comunque voluto aiutarlo tanto ero ipnotizzata da quel movimento e dall’impegno che ci stava mettendo. Cinzia piagnucolava, capendo cosa stesse succedendo.
“Beh, un attimo dopo era accaduto: Nicola aveva lanciato un verso di piacere che sembrava quasi dolore, e una mezza dozzina di spruzzi di bega densa come la colla liquida era fuoriuscita dalla sua cappella riversandosi e impiastricciando la faccia di Cinzia, i suoi capelli, il collo. Un po’anche sulle sue tette.
“Sempre tenendosi la mazza con una mano era sceso dal divano. ‘Grazie, puttana’ le aveva detto, prendendola palesemente in giro. Cinzia era scoppiata in un pianto disperato, le lacrime che scioglievano l’ambrosia e la bega mentre colavano.
“Spaventata che potesse succedere qualcosa, o che il tipo potesse decidere che magari anch’io avrei voluto una sua razione di seme, ho terminato di vestirmi senza nemmeno controllare di aver messo gli abiti nel giusto verso e sono scappata dalla casa di Cinzia».
Arianna tacque dopo la sua lunga storia. Nessuna parlò, anche perché ci sarebbe stato ben poco da dire se non che il racconto, per quanto bello e avvincente, come potevano testimoniare le espressioni soddisfatte e rilassate da post coito di Beatrice e Anna, era fin troppo irreale.
«Ah, per favore…» si affrettò ad aggiungere la ragazza, improvvisamente intimorita. «Non dite a Cinzia che ve l’ho raccontato: mi ha pregata di non farne parola con nessuno. Sapete com’è…»

Pochi minuti dopo la chat era finita. Nessuna aveva accennato al fatto che la storia non sarebbe stata in piedi nemmeno nel mondo delle favole, ma tutte sembravano aver fretta di concludere. Chiara ebbe l’impressione, principalmente perché lo provava anche lei, che le immagini evocate dalle parole di Arianna avessero causato un aumento del desiderio in tutte loro e, forse tranne Beatrice e Anna che avevano già risolto il problema, e Chiara se le immaginava mentre fumavano una sigaretta ancora godendo dei postumi di un orgasmo, le altre avevano bisogno di raggiungere un luogo appartato dove sfogare i loro bisogni, fingendosi sulla faccia di Cinzia o preferendo un finale differente, con Nicola che possedeva più o meno violentemente anche loro.
Chiara non poté fare a meno di figurarsi nella mente Cecilia chiusa nel gabinetto della baita dei suoi nonni, con i muri coperti di pallide assi di pino, che si sgrillettava selvaggiamente, il viso congestionato che assumeva lo stesso colore dei suoi capelli, o Helga che vagava stordita per la spiaggia in cerca di un altro giamaicano che la sbattesse.
Riflettendoci, però, la ragazza si rese conto che quello che doveva essere un momento per confessare e raccontare la propria migliore esperienza sessuale si era trasformato nel festival di chi sparava la scopata più iperbolica immaginabile. Stringendo le braccia al piccolo seno e appoggiandosi allo schienale della sedia, Chiara si chiese cosa avrebbero raccontato Beatrice e Cecilia. Aggroppate di gruppo con alieni e zombie? Loro due che facevano sesso tra di loro, narrato insieme, alternandosi una frase per una? L’ultima ipotesi, dovette ammettere, la stuzzicava parecchio, risvegliando nel suo inguine lo stesso prurito che le aveva causato l’immagine di Cinzia assediata su due fronti.
Di certo, nulla di ridicolo come la storia di Arianna. In effetti, se si fosse svolta realmente, Chiara era sicura che quella in mezzo sarebbe stata proprio la narratrice del fatto, nuda e legata, con Cinzia che sfregava la sua passera contro quella di Arianna, e l’immaginario Nicola dall’uccello equino che le teneva ferma la testa e glielo infilava fino nello stomaco. O spinta contro un muro, che strillava, spaventata e devastata, mentre veniva impalata in culo dal fantomatico iperdotato, magari con quella troia di Cinzia che, inginocchiata, leccava a sua volta tra le chiappe del ragazzo. Chiara non poté trattenere un sorriso quando l’immagine le si affacciò alla mente, e pensò che sarebbe stata un ottimo soggetto per un altro disegno erotico.
Si convinse che avrebbe davvero dovuto crearsi un profilo in uno di quei siti di disegni hentai e usare i racconti che stava sentendo in quei giorni come spunto per delle immagini erotiche, ma con le sue amiche che non se la passavano tanto bene, per usare un eufemismo… Avrebbe fatto furore, si disse mentre il sorriso si allargava ulteriormente; l’avrebbero acclamata e si sarebbe fatta una seconda vita: la tranquilla Chiara che faceva innocenti disegni che tutti apprezzavano, e la ragazza nascosta dietro un nickname di fantasia che illustrava le scopate di lei con suo fratello e delle sue amiche che venivano fottute senza riguardo da giamaicani in mezzo alla spiaggia o in bocca da uno che leggeva una poesia. Un sorriso poco amichevole affiorò sulle sue labbra quando pensò a suo fratello e lei che, in pieno stile BDSM, scopavano una alla volta le cinque ragazze della chat, legate, alla gogna, ai ceppi…
Però restava un grosso problema: non aveva idea di cosa potesse raccontare lei tre giorni a venire.
Dai suoi lineamenti scomparve l’allegria e la testa le cadde sul petto, pensierosa. Rimase qualche istante così, frugando nella sua mente alla ricerca di qualche idea, immagine, pensiero… qualsiasi cosa potesse essere riversata in un racconto di natura erotica, ma sembrava non esserci nulla.
O, per essere sinceri, le idee non mancavano, ma non avrebbe certo potuto realizzare e raccontare una storia decente, con particolari che avrebbero potuto competere nemmeno con la scopata di Helga: la sua esperienza era davvero scarsa e i suoi amanti…
«Definire quei tre “pessimi” sarebbe far loro un complimento» ammise Chiara con una smorfia di cruccio e disgusto. «Se solo avessi l’esperienza di Beatrice o… Oh…»
Sollevò la testa mentre un’idea le faceva comprendere che non tutto era perduto. In effetti, se lei non aveva esperienza, Marco poteva vantarne parecchia. Sapeva da voci che suo fratello, sebbene non scopasse come un riccio, aveva avuto diverse donne: avrebbe potuto chiedere a lui delle delucidazioni, farsi illustrare dei particolari. Raccogliere un pezzo da questa sua esperienza ed un altro da quella, montarli assieme e creare una storia.
D’accordo, lui era un maschio e lei una femmina, ma non credeva fosse poi così differente l’esperienza tra i due sessi quando si trattava di fottere.
Si alzò convinta e raggiunse la stanza di Marco. Bussò alla porta: per quanto avesse voluto vedere il suo uccello, considerava comunque sacra la privacy e non sarebbe entrata senza permesso.
«Vieni, Chiara» rispose lui, evidentemente di avviso diverso, sebbene si comportasse allo stesso modo quando doveva entrare nella stanza di lei, «entra pure. Hai paura di vedermi nudo?»
A quelle parole, la ragazza, mentre apriva la porta, si imporporò in volto. Ma lui era vestito, sebbene in calzoncini corti e una maglietta smanicata aderente. Era in mezzo alla stanza da letto, a piedi nudi, sopra uno di quei tappetini da fitness. Era sudato e stava abbassando un paio di manubri da quindici chili ciascuno dopo averli portati all’altezza delle spalle.
E proprio sulle spalle, ben visibili con quella maglietta, che cadde lo sguardo della ragazza. Per qualche motivo, quelle muscolose di Marco la eccitavano più di ogni altra parte del suo corpo, a parte il fondoschiena e il bozzo che vedeva di tanto in tanto nella zona inguinale.
Marco si inginocchiò e appoggiò i pesi sul pavimento, quindi rivolse l’attenzione sulla sorella. «Cosa c’è?» domandò mentre faceva partire un cronometro che portava al collo.
La ragazza percepì un balzo al cuore trascinare via tutta la sicurezza che l’aveva portata nella stanza di suo fratello. Improvvisamente, si sentì fuori luogo di fronte a lui, in quel momento, in quella camera. Uno strascico dell’eccitazione che il racconto di Arianna le aveva causato riemerse nella sua coscienza, riempiendo la sua mente del desiderio del ragazzo davanti a lei.
Chiara dovette deglutire a vuoto. Quando parlò, si ritrovò la voce che sembrava un pigolio. «Marco… posso farti una domanda? Ma non offenderti, per favore…
Lui sembrò non potesse nascondere una certa preoccupazione nello sguardo, ma accettò comunque.
«Possiamo… possiamo parlare di sesso?»
L’apprensione appena accennata di Marco si tramutò per un istante in panico, ma subito parve nasconderlo dietro una facciata di freddezza. «No» rispose, distogliendo lo sguardo dalla sorella.
Lei fece un passo avanti. Improvvisamente non aveva più importanza per lei di conoscere particolari con cui infarcire il suo stupido racconto: si rese conto che ciò che voleva era partecipare ad un rapporto sessuale di suo fratello raccontato dalle sue labbra, eccitarsi attraverso le sue descrizioni, godere con lui del piacere che aveva donato ad un’altra donna fortunata. Congiunse le mani e fece un passo avanti. «Ti prego, Marco…» Sentì la necessità di ascoltarlo parlare di sesso al punto tale che lo avrebbe implorato perfino inginocchiandosi davanti a lui, scivolata con una mano nei suoi pantaloncini, estratto il suo uccello e succhiato fino a farne scaturire il suo latte caldo. Si vide davanti a lui, in ginocchio, con una mano di Marco sulla sua testa, e lui che raccontava di quando aveva fottuto tizia o caia, la sua voce resa più dolce dal piacere che lei gli stava donando con la bocca.
Chiara fece un altro passo. Improvvisamente, come mai prima di allora, si era sentita di invadere l’intimità di suo fratello: voleva fare l’amore con lui, ma al contempo lo vide come un estraneo, come un’immagine su un poster che ammirava da anni ma di cui non conosceva nemmeno il nome o il passato del soggetto raffigurato. «Per favore, Marco…» disse, ma le sue stesse parole le parvero di una lingua aliena.
«No!» esclamò lui, voltandosi per fissarla.
Chiara sussultò. Lo sguardo del fratello fu come una sberla. Era sempre stato riluttante a parlare di sesso, ma da qualche tempo lo era diventato ancora di più, e, se una volta mostrava vergogna nel parlarne, negli ultimi mesi l’argomento lo faceva infuriare.
La ragazza nascose la testa tra le spalle, indietreggiando e ponendo le mani davanti a sé. «Mi spiace, Marco, scusa».
Il fratello la guardò corrucciato mentre retrocedeva dalla sua stanza, ma dopo un istante il suo volto perse tutta la rabbia che mostrava. Annullò con un paio di falcate la distanza che lo divideva dalla sorella, la abbracciò con calore e la baciò sulla nuca. Non disse nulla, ma poté sicuramente percepire i muscoli di Chiara, fino a quel momento irrigidita dalla tensione, sciogliersi.
Chiara, però, avrebbe voluto sciogliersi in un pianto di disperazione per la sua incapacità di comprendere e, soprattutto, sedurre suo fratello…

Continua…

Nella raccolta:

La continuazione de "Il cuoco". Mentre aspetta che i loro genitori porti lei e suo fratello in vacanza, Chiara passa i pomeriggi estivi in videocall con le sue amiche, scoprendo segreti che la sconvolgeranno.

Scritto da:

Sedicente autore di racconti erotico, in realtà erotomane con la passione della scrittura creativa. Per contattarmi, critiche, lasciarmi un saluto o richiedere il racconto in PDF, i miei contatti sono: 📧 william.kasanova@hotmail.com 📱 https://t.me/WilliamKasanova

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